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Economia
Ogm: pressing delle biotech in Ue, ma cresce la preoccupazione dei consumatori

Biotech contro natura: UE in bilico sugli OGM tra bioetica e interessi

Nuove tecniche transgeniche, nuovi regali per i consumatori. Per adesso è bloccata, ma la proposta della Commissione Europea di deregolamentare i nuovi Ogm (tea) sembra avere più di una freccia all’arco. Parliamo di piante prodotte mediante nuove tecniche genomiche, di cui non è però chiaro il profilo. Colture geneticamente modificate non testate che potrebbero penetrare nei nostri ambienti e nella catena alimentare con modifiche difficilmente reversibili e di cui difficilmente si capiranno gli effetti, vista la mancanza di obbligo di tracciabilità dei prodotti.

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Sia il Comitato economico e sociale europeo che il Comitato europeo delle Regioni insistono per un approccio precauzionale nella supervisione di questi alimenti derivati dalle nuove tecniche.

Lo scorso 11 dicembre però i ministri dell’Agricoltura ci hanno provato lo stesso, non raggiungendo la maggioranza. Oggi le preoccupazioni crescono tra associazioni, cittadini e parlamentari. Per la deregolamentazione ci sarebbero dovuti essere i voti favorevoli del 55% del totale, una soglia che rappresenta il 65% dei cittadini abitanti nei Paesi aderenti alla UE. Ma si sono opposti Austria, Bulgaria, Croazia, Germania, Grecia, Romania, Slovacchia, Ungheria, Polonia e Slovenia. L’Italia ha votato a favore della deregolamentazione definendo i nuovi Ogm (tea) “essenziali per garantire la sicurezza alimentare”, anche se, nel corso del dibattito, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida si è dichiarato contrario agli Ogm.

L’opposizione è stata motivata scientificamente: c’è l’evidente preoccupazione di non poter separare le filiere biologiche da quelle Ogm, con la conseguente contaminazione che di fatto fa saltare la facoltà di restringere o vietare le coltivazioni Ogm sul proprio territorio nazionale. Il problema connesso è poi anche il controllo, come già accaduto in Paesi extra UE, dei brevetti delle colture Ogm, nelle mani di poche industrie, generando una disparità evidente nei confronti degli agricoltori.

Le associazioni ambientaliste e del biologico hanno espresso soddisfazione ma ora la vicenda resta in stallo. Ma come nasce? Con il cambiamento climatico. Le aziende biotecnologiche sembrano essere riuscite a convincere la Commissione Europea che abbiamo bisogno di nuove colture geneticamente modificate per affrontare il cambiamento climatico e la crisi alimentare. Così è partita l’ennesima campagna di lobbying delle multinazionali di settore. Nel 2018, la Corte Europea ha stabilito che le piante prodotte con nuove tecniche genetiche devono essere regolamentate come qualsiasi altro organismo geneticamente modificato. E così con il tentativo di nuove normazioni, sono cambiate anche le parole utilizzate che passano da Ogm vero e proprio ad “editing genetico” e “allevamento di precisione”, termini di marketing che nulla dicono sulla sicurezza alimentare.

Le aziende biotecnologiche hanno bisogno di rientrare nella normalità, al fine di dare un colpo alla cattiva reputazione delle produzioni Ogm e così facendo eliminando ogni possibilità di obbligo di etichettatura sui prodotti, che funge da barriera per la loro vendita in un clima di disapprovazione pubblica.

L’agricoltura intensiva con Ogm è dimostrata provochi, più delle altre, l’impoverimento del suolo e la perdita di biodiversità, aumentando la vulnerabilità a parassiti e malattie, rendendo necessario lo sviluppo di pesticidi ed erbicidi diversi e potenzialmente più tossici.

Oggi piuttosto che rafforzare il nostro modello agricolo, difficilmente sostenibile, dovremmo concentrare l’attenzione sul ripristino di ciò che l’agricoltura industriale ha distrutto: i mezzi di sussistenza e l’autosufficienza degli agricoltori, la biodiversità e la libertà di produzione nell’equilibrio delle stagioni, la salute dei suoli e l’allontanamento dei pesticidi superati. Solo in questo modo può diventare possibile trovare un nuovo equilibrio, anche immagazzinando naturalmente il carbonio e fornendo condizioni ottimali di crescita per la produzione alimentare, senza esercitare una pressione spasmodica sull’ambiente.

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