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Economia
Parmacotto, il Ceo Schivazzappa: "Realizzeremo una strategia di 15-20 anni"

E’ vero che il presidente Zaccanti vuole vendere la Parmacotto?
“No, intanto perché la Parmacotto è costituita da due soci e, anche se azionista di minoranza, ci sono pure io: quindi, se Zaccanti volesse vendere la Parmacotto, lo saprei. Non c’è nessun movimento in vendita del gruppo. Abbiamo un piano industriale molto a lungo termine e per il momento operazioni di questo tipo non ci interessano e non siamo interessati a venire in contatto con chi abbia necessità o voglia di acquisire la Parmacotto. Quindi, lo escludo in maniera categorica”. 

andrea schivazzappa ad Parmacotto ape

Il Ceo di Parmacotto Andrea Schivazzappa


 

Quando Zaccanti pensa di prendere profitto dal proprio investimento?
“Il senso dell’operazione è stato abbondantemente spiegato quando è iniziata (marzo 2018, ndr). Concetto ribadito più volte. Con Zaccanti l’abbiamo realizzata insieme per le nostre famiglie, si tratta di un’operazione a lungo termine, che ha valenza industriale e non finanziaria. Oggi siamo concentrati sul far diventare la Parmacotto un importante polo alimentare sia a livello nazionale e sia a livello internazionale. Non c’è nessun tipo di deadline temporale o visione di vendita per realizzare alcunchè. C’è soltanto la voglia di mettere in piedi un piano industriale importante perché il brand lo consente e quello che stiamo realizzando ci dà ampia forza per andare avanti”.

Quando arriverà il nuovo piano industriale?
“All’inizio del prossimo anno stenderemo un piano quinquennale, perché abbiamo delle operazioni d’investimento che hanno una valenza di cinque anni, un business plan non dedicato alla vendita, ma a cui seguiranno altre strategie di pari durata. Da qui ai prossimi due-tre anni, abbiamo fatto degli investimenti che ci devono portare a entrare sui mercati internazionali, ma anche in nuovi settori. Andremo avanti con questa logica”. 

Qual è, quindi, l’orizzonte temporale dell’investimento di Zaccanti?
“L’investimento all’interno della Parmacotto non è finanziario. Vogliamo realizzare una strategia industriale con valenza di 15-20 anni. Poi, fra 20 anni ne parlerà la storia”. 

Qual è stato il valore della transazione che nel 2018 ha permesso alla nuova proprietà di rilevare il capitale della Parmacotto? Secondo alcune indiscrezioni si tratta di 30 milioni, più altri 12 di contratti di leasing. Sono queste le cifre effettive?
“Non l’abbiamo mai rivelato e non lo riveleremo. Il valore dell’investimento inizialmente fatto rimarrà riservato”. 

Da quando lei ha preso in mano nel 2015 le redini dell’azienda, c’è stata una crescita annuale costante del fatturato. Sarà così anche nell’anno del Covid?
“Il gruppo Parmacotto è composto da tre anime che operano nel mondo dei salumi a livello internazionale: la Parmacotto, la Fratelli Boschi e la Parmacotto lc che è la nostra società americana. L’epidemia ha avuto impatti diversi su queste tre società. La controllata negli Stati Uniti ha subito le conseguenze peggiori, perché negli Usa è molto importante il food service, segmento che da marzo a settembre di quest’anno si è praticamente bloccato con il sopraggiungere del Covid. Avevamo un piano che prevedeva un obiettivo di 12-13 milioni di euro e invece ci siamo attestati intorno ai 10 milioni conclusivi. Per quanto riguarda invece la Fratelli Boschi, azienda che si occupa di stagionatura di salami e di prosciutti crudi, diciamo che ha avuto un periodo in cui le vendite si son fermate dall’inizio del lockdown fino alla ripresa di giugno-luglio. Abbiamo realizzato i volumi dello scorso anno e quindi realizzeremo circa 12 milioni di fatturato. Infine, per quanto riguarda invece la Parmacotto, azienda che è molto concentrata sul canale della grande distribuzione e soprattutto, essendo una marca molto riconosciuta, in quello del libero servizio, abbiamo registrato una crescita organica del fatturato di circa il 20%. A livello consolidato, quindi chiuderemo il 2020 con 100 milioni di euro di ricavi, in crescita di circa il 15% rispetto all’anno scorso”. 

Avete rivendicato di aver portato a compimento il turnaround aziendale, uscendo con due anni di anticipo dal concordato in continuità, senza licenziare dipendenti e, anzi, accrescendo la forza lavoro iniziale del gruppo, portandola da 150 a 240 unità. Quanti del corpo occupazionale sono dipendenti diretti assunti a tempo indeterminato con contratto alimentare?
“Tutti”. 

Nessuno addetto quindi indiretto con contratto di cooperativa?
“No, rispetto a quanto avviene nelle altre aziende del settore, è proprio la nostra filosofia procedere con le assunzioni e avere personale diretto, perché ogni anno dedichiamo circa 10 mila ore di formazione alle nostre linee e produzioni. Approccio che è possibile portare avanti soltanto se si può contare su lavoratori assunti direttamente. In azienda, quindi, non usiamo contratti di cooperativa. Si tratta di una scelta strategica fatta sin dall’inizio: un brand importante come Parmacotto deve godere di una qualità e di una sicurezza alimentare che non possono essere portate avanti senza altri tipi di scelte a livello contrattuale. Quindi, impieghiamo esclusivamente lavoratori diretti”. 

Quando a ottobre del 2019 è stata acquisita da Parmacotto,  la Fratelli Boschi era in perdita?
“Sì, era un’azienda abbastanza in crisi da un po’ di anni. Anche quella (come la Parmacotto, ndr) era una società vicina a un’operazione straordinaria. Abbiamo deciso di procedere con l’acquisto per preservare il marchio e anche in questo caso salvare circa 50 dipendenti che altrimenti sarebbero stati un po’ in difficoltà. Quindi, l’operazione è stata fatta su un’azienda che aveva da qualche anno bilanci in rosso e caratterizzata da una situazione patrimoniale complicata, situazione su cui siamo intervenuti con un aumento di capitale. Nonostante il problema del Covid, già quest’anno abbiamo rimessa in equilibrio economico la Fratelli Boschi e ci riteniamo abbastanza soddisfatti”. 

Avete intenzione di costruire uno stabilimento produttivo negli Stati Uniti, mercato dove invece al momento la controllata Parmacotto lc si occupa prevalentemente di distribuzione. Quando sarà operativo il nuovo punto produttivo?
“La scelta che abbiamo fatto inizialmente è stata quella di acquisire quest’azienda presente sul mercato americano già da 10 anni, mercato dove vendeva prodotti della salumeria italiana. Siamo partiti appoggiandoci alle sue reti distributive inserendo in questi canali i nostri referenti. Ora stiamo crescendo. Ma vogliamo accelerare investendo in uno stabilimento perché quello statunitense è un'area molto importante. Stiamo esaminando le location. Abbiamo messo in preventivo di partire con tutta la parte relativa ai permessi nel secondo semestre del 2021 e di realizzare i primi prodotti nel secondo semestre del 2022”.

Conferma quindi il target di 120 milioni  di euro per il fatturato del 2021?
“Assolutamente sì, è un obiettivo con stima prudenziale. Siamo ancora in una situazione di emergenza sanitaria che può azionare delle variabili che possono impattare sui ricavi, ma si tratta di un target decisamente alla nostra portata”. 

@andreadeugeni

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