In attesa del confronto sulle pensioni che potrebbe essere fissato a metà maggio tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando e Cgil, Cisl e Uil per fare il punto sul sistema previdenziale post-abbandono di Quota 100, si fanno i conti sulla misura varata nel 2019 dal primo governo Conte: Quota 100 ha chiuso con oltre 9 miliardi di minore spesa nel triennio 2019-2021.
Come ha ricordato il Sole 24 Ore, è stata una misura sostanzialmente dimezzata rispetto alle potenzialità immaginate al momento del varo quella che si accinge a concludere la corsa a fine anno. Stando all’ultimo monitoraggio dell’Inps, dal quale emerge che dei 19 miliardi abbondanti stanziati dall’esecutivo giallo-verde per i tre anni di vita dei pensionamenti anticipati con almeno 68 anni d’età a 38 di contribuzione (e al netto dell’effetto “trascinamento” sugli anni successivi) ad oggi, a otto mesi dallo stop, ne sarebbero stati operativamente impegnati non più di 10.
Col Recovery Plan (o Pnrr) il governo Draghi ha fatto sapere dal primo gennaio 2022, finita Quota 100, si torna al regime Fornero: di vain pensione cioè a 67 anni di età, limite che ricomincia a crescere con l’aspettativa di vita, o con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 per le donne). Unica eccezione, dice il Pnrr: “Misure mirate a categorie con mansioni logoranti”. Decisione arrivata dopo giorni comunque di pressing da parte di Cgil, Cisl e Uil che chiedono al ministro Orlando di convocare un tavolo sulla previdenza.
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