Porti italiani a un bivio: adeguarsi ai cambiamenti o si resta indietro. - Affaritaliani.it

Economia

Porti italiani a un bivio: adeguarsi ai cambiamenti o si resta indietro.

Eduardo Cagnazzi

Affaritaliani anticipa i dati di un'indagine di Srm (Centro studi di Intesa Sanpaolo) sui traffici marittimi che sarà presentata oggi al Naples Shipping Week.

Cresce di sei volte il traffico container nel Mediterraneo tra il 1995 e il 2017 con la sponda Est-Mar Nero che si sviluppa a ritmi ancora più sostenuti della media, +630%. I primi trenta porti superano 50 milioni di Teu (53 in totale), nel 1995 erano 9 milioni, e gestiscono circa 2 miliardi di tonnellate di merci all’anno. Secondo uno studio di Srm, il Centro studi legato a Intesa Sanpaolo, che sarà presentato oggi al Naples Shipping Week (l’incontro del cluster marittimo mondiale promosso dal Propellers e da Click Utility Team) e che Affaritaliani.it è in grado di anticipare, il trasporto via mare sostiene l’internazionalizzazione  e l'export delle imprese italiane. Il 35% dell’export del Nord Est avviene infatti via mare, seguono il Centro con il 34% ed il Nord Ovest con il 32%. La quota del Mezzogiorno è ancora più alta, il 63%. E’ soprattutto il raddoppio di Suez che  fa registrare crescite record: nel 2017 oltre 900 milioni di tonnellate di merci transitate (+11% sul 2016) e 17.550 navi, mentre la Belt & Road Initiative (La via della seta) attiverà circa 1.400 miliardi di dollari in infrastrutture. Srm ha censito 4 miliardi di euro di investimenti cinesi in porti e terminal del Mediterraneo. Per merci movimentate, nel Mediterraneo l’Italia è prima nell’Unione europea a 28 con una quota di mercato del 36%.

Anche la presenza di navi container di dimensione superiore ai 13mila Teu aumenta (+37%) ma quella del range 3.000-7.000 Teu diminuisce del 18,7%. Un fenomeno, quello del gigantismo navale, che permane. E che i porti italiani devono risolvere. Srm rileva infatti che dal 2012 il numero delle navi Ro-Ro (navi destinate al trasporto veicoli) transitate nel Mediterraneo  aumenta del 7,4%. Nell’arco Tirrenico il traffico Ro-Ro raggiunge il 36,6%, quello adriatico il 21%. Lo studio evidenzia inoltre che in Italia l’import-export via mare supera 240 miliardi di euro (+150% sul ‘98) con una crescita media annua del 5,2%, al di sopra del tasso di crescita dell’economia. Nel 1997 era pari a 98 miliardi. E le imprese del Mezzogiorno realizzano il 63% del loro import-export via mare per un totale di 52,5 miliardi di euro. Buona la performance degli scali italiani nelle rinfuse liquide, importante proxy della componente energetica dei porti con una crescita del +3,3%.

Il Rapporto evidenzia inoltre come cresca la componente internazionale del trasporto marittimo. Nel 2017 l’import/export sorpassa i 240 miliardi di euro (+12,4% sul 2016), mentre il 38% degli scambi commerciali italiani avviene via mare.

Questi dati, afferma ad Affaritaliani.it Alessandro Panaro (nella foto), responsabile del settore infrastrutture marittime di Srm,  confermano che l’Italia “deve adoperarsi per predisporre i segnali che il Mediterraneo sta dando e che determineranno il porto del futuro. La sfida non è solo quella di attirare traffici merci ma anche quella di adeguare i porti attraverso l’innovazione, le startup, in vista dei cambiamenti che si stanno manifestando. Anche perché -sottolinea Panaro- i porti del Mediterraneo stanno investendo in questi asset e quindi anche l’Italia deve dotarsi di strumenti burocratici e finanziari che diano certezze.  Dall’analisi emergono pertanto ancora più chiaramente i segni di una accresciuta centralità del Mediterraneo nel contesto geo-economico mondiale e il rafforzamento delle rotte dall’Asia. Di questi fenomeni l’Italia può beneficiare fortemente, ma occorre investire urgentemente sui collegamenti ferrovia-porti, sull’intermodalità e su una logistica portuale più efficiente”.