Economia
Putin, 40 Paesi finanziano i terroristi. Le rotte del petrolio jihadista
Il presidente russo Putin nel G 20 ha trattato, come riportato dalla Tass, il tema dei finanziamenti ai terroristi: "Ne ho parlato con i miei colleghi. Spero che continueremo questo lavoro che è estremamente importante per la lotta al terrorismo", ha detto Putin un briefing sui risultati del vertice del G20. "Come abbiamo stabilito, il finanziamento proviene da 40 paesi, tra cui alcuni Paesi membri del G20", ha detto ai giornalisti. "Abbiamo discusso la necessità dell'attuazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che è passata su iniziativa della Russia, sulla prevenzione del finanziamento del terrorismo e sulla prevenzione del commercio illegale di opere d'arte che i terroristi saccheggiano nei territori occupati,", ha detto il leader russo . Ha spiegato inoltre che i leader del G20 hanno discusso anche i modi per prevenire il commercio illegale di petrolio e la produzione di reddito da tale fonte.
"Inoltre, ho anche mostrato ai nostri colleghi le nostre immagini scattate dallo spazio e dei piani che mostrano chiaramente la portata che il commercio illegale di petrolio e prodotti petroliferi acquisisce: convogli di trasportatori di carburante che si estendono per decine di chilometri", ha detto Putin. "Certo, abbiamo discusso questo tema con i colleghi, e spero che continueremo questo lavoro che a mio parere è estremamente importante per la lotta al terrorismo" ha aggiunto il leader russo.
L'Isis controlla la maggior parte dei giacimenti petroliferi siriani e la vendita di greggio rappresenta la sua principale fonte di finanziamento. Secondo una recente inchiesta del Financial Times, lo Stato islamico guadagna ogni giorno 1,5 milioni di dollari dalla vendita del greggio estratto nei territori sotto il suo controllo. In particolare, nella provincia siriana orientale di Deyr az Zor, al confine con l'Iraq.
Secondo testimoni locali, l'Isis controlla anche il giacimento di Qayyara, vicino alla città irachena di Mosul, da cui viene però estratto un tipo di greggio più 'pesante', usato soprattutto per la produzione di asfalto. Nella provincia centrale siriana di Homs, le forze lealiste e quelle del 'Califfato' combattono per il controllo del giacimento petrolifero di Jazal e per quello di gas di Shaer, più volte passati di mano e attualmente sotto il controllo dei governativi.
Il petrolio viene preso in consegna nei giacimenti da intermediatori che lo caricano su autocisterne per rivenderlo su mercati locali - il più importante è quello di Al Qaim, alla frontiera con l'Iraq - o alle raffinerie gestite direttamente dall'Isis o, per la maggior parte, da operatori locali che si spartiscono il ricavato con gli stessi jihadisti. Si tratta in gran parte di impianti rudimentali costruiti da privati dopo che quelli nelle mani dell'Isis erano stati distrutti dai raid aerei della Coalizione internazionale a guida americana. Ne viene ricavato carburante per autoveicoli o 'mazout', un tipo di gasolio utilizzato per alimentare i generatori di elettricità. Secondo il Financial Times, la maggior parte del prodotto viene poi venduto negli stessi territori sotto il controllo dell'Isis, in Siria e in Iraq, o in quelli vicini nelle mani di gruppi ribelli nemici dello stesso Stato islamico. L'esportazione all'estero, in particolare verso la Turchia, è invece notevolmente diminuita, soprattutto per il crollo del prezzo del greggio sui mercati mondiali che l'ha resa meno conveniente. Il traffico attraverso la frontiera, tuttavia, non è completamente cessato e continua soprattutto con il trasporto del prodotto in piccoli contenitori a dorso di mulo o di cavallo. In Iraq la maggior parte del contrabbando, che avveniva attraverso la regione curda, è stato bloccato, ma secondo testimoni locali una parte del prodotto prende la via della Giordania.