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Economia
Recovery Fund, superministri a Parigi e a Berlino. In Italia c'è l’"armata"

Neanche il tempo di concludere i negoziati sul Recovery Fund – che invece vanno avanti più tesi di quanto non ci piaccia raccontare, con Polonia e Ungheria che ribadiscono il loro “no” – e già l’Italia ha trovato il modo di riconoscersi. Del comitato tecnico che dovrà decidere come allocare le risorse, infatti, oltre al premier Giuseppe Conte faranno parte altri 300 tra manager, professori, specialisti, esperti di ogni tipo. Certo, una cifra così ingente – 209 miliardi – da spendere più o meno a piacimento (a patto di rispettare i pochi paletti fissati dall’Europa) non si era mai vista da queste parti. Naturale chiedere il contributo dei grandi manager, da Claudio Descalzi di Eni ad Alessandro Profumo di Leonardo e da Marco Alverà di Snam a Stefano Donnarumma di Terna. Ma era necessario cooptare 300 persone creando l’ennesimo carrozzone? Gli altri Paesi che cosa stanno combinando?

il ministro gualtieri a bari
 

Paolo Gentiloni è stato molto chiaro: la Francia ha preso il ministro Bruno Le Marie, ha aggiunto una qualifica al suo dicastero (“ripresa”) e ha concluso le operazioni dando ampio mandato al politico perché gestisse i cospicui aiuti che arriveranno. Certo, si dirà, i cugini d'Oltralpe che pure sono molti più di noi riceveranno meno di un quarto. Ma il rapporto 300 a 1 balza in ogni caso all’occhio. E dunque in Europa si inizia a sudare freddo: Gentiloni dice di non fare troppa “ammuina”, la von Der Leyen strizza l’occhio a Milano che era così operosa e ora è spenta (forse non aveva ancora visto le scene dei negozi in Corso Buenos Aires) e intanto ci chiede la cortesia di spendere in modo costruttivo questi soldi.

La Germania della presidente di turno Angela Merkel non ha ancora deciso la struttura con cui si prenderanno le decisioni ma, c’è da scommetterci, non sarà “popolosa” come quella italiana. In compenso sono già stati decisi da tempo sia le modalità di spesa dei 47,2 miliardi complessivi che arriveranno a Berlino: sanità e sostenibilità sono le due linee di indirizzo intorno alle quali si muoverà un esecutivo che ha comunque potuto spendere molto di più degli altri. Quando il Coronavirus ha bussato alle porte dell’Europa, infatti, l’Italia aveva un debito pubblico intorno al 130%, la Francia prossimo al 100, la Germania inferiore al 60. E quindi quando si è trattato di “pompare” liquidità nell’economia, il governo di grande coalizione di Angela Merkel ha potuto mettere sul piatto oltre 990 miliardi, contro i 320 di Parigi e il centinaio (tutto compreso) del governo Conte. 

Bruno Le Maire
 

Non dimentichiamo, poi, che la questione intorno al via libera sul Recovery Fund non è soltanto un discorso in punta di penna per fini politologi. Ungheria, Polonia e Slovenia sono certamente poca cosa, anche perché dipendono in modo talmente enorme dall’Europa e dai suoi fondi che non è pensabile che possano anche soltanto deragliare dal percorso stabilito e quindi basterà avere un po’ di pazienza e la capacità di minacciare che la cancelliera ha già dimostrato di avere. C’è però un altro problema, questo decisamente più serio. Quando i cosiddetti “frugali” hanno accettato le condizioni sul Recovery Fund, lo hanno fatto più per debolezza che per reale convinzione. Danimarca e Svezia hanno dei governi di minoranza che sono appesi a un filo e si sa che i nordici non sono esattamente grandi fan dell’Italia e dei paesi del Mediterraneo, ancora adesso visti come “spendaccioni” che gravano sulle loro spalle. In effetti, non hanno tutti i torti ma questa è un’altra storia.

LP 10730226
 

L’Olanda andrà alle elezioni il prossimo marzo e non ha niente da guadagnare da un proseguimento dei lavori sul Recovery Fund e sul conferimento delle cifre ai paesi. E dunque qualcuno sospetta che, in realtà, la manovra dei frugali sia stata quella di mandare avanti il gruppo di Volgograd, irrilevante dal punto di vista economico ma dotato del potere di voto per impantanare le trattative e procrastinare almeno alla primavera l’avvio vero e proprio del fondo. Dopo aver incassato eventuali nuove maggioranze o vittorie alle elezioni.

Noi rimaniamo osservati speciali, la confusione regna sovrana e il tempo stringe, anche perché nella Legge di Bilancio verrà inserita la prima tranche di pagamenti del Recovery Fund. La verità, inoltre, è che i paesi europei si sentirebbero molto più tranquilli se l’Italia accettasse di prendere i fondi del Mes per la sanità. Vorrebbe dire che c’è un impegno serio a rispettare una certa disciplina di bilancio.

Succederà? Il barometro del governo, le ultime indicazioni di Conte e le alternative proposte (l’ultima è una patrimoniale) fanno pensare che qualcosa perfino tra le file più oltranziste del Movimento 5 Stelle sta iniziando a muoversi in direzione di Bruxelles.

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