A- A+
Economia
Smart working, contributi per i costi: Germania e Olanda apripista in Europa

Ora che i riflettori si sono un po’ attenuati sul lavoro agile e su tutti i suoi para-sinonimi (dal remote working allo smart working) è urgente avviare una discussione seria su questa modalità di lavoro che coinvolge e coinvolgerà oltre 5 milioni di italiani partendo da un dato: svolgere la propria mansione da casa non è soltanto una comodità – su cui comunque bisogna ragionare – ma anche un costo: secondo un’indagine di Lenovo circa 305 euro interamente sostenuti dai lavoratori.

Moltissimi sono diventati “il reparto IT” di se stessi, dotandosi di computer, stampanti, connessioni più veloci o “flat”, sedie ergonomiche e via dicendo. Perché al di là dell’ironia sull’essere perennemente in pigiama, sul gatto o i figli che turbano la call su Zoom, lavorare da casa ha un prezzo economico che si traduce in aumento delle spese di riscaldamento, di energia elettrica, di acqua. Se non si vuole rischiare una sincope, bisogna anche strutturare una pausa pranzo che non si limiti al panino, con ulteriori aggravi sulla spesa. Anche perché molte aziende che non necessitavano la presenza fisica dei lavoratori hanno tagliato i benefit, i buoni pasto e tutta la parte accessoria non direttamente riconducibile alla retribuzione standard.

Nel 2018, secondo Eurostat, la media dei lavoratori tra pubblico e privato che lavorava in Smart Working era del 5%, con l’Italia nelle ultime posizioni al 3,6%; nel 2019, la quota è rimasta pressoché uguale, ma è aumentata la percentuale di persone che “a volte” ha lavorato da casa, che è passata dal 6% del 2009 al 9% del 2019. Gli studi più recenti in materia, condotti da Eurofound, sostengono che la pandemia ha costretto al lavoro da casa in media circa il 40% dei cittadini europei; per Deloitte, oltre 100 milioni di dipendenti in Europa sono passati allo Smart Working, con quasi 45 milioni di essi che hanno fatto questo cambiamento per la prima volta.

Qualche settimana fa Deutsche Bank ha proposto di tassare i lavoratori in smart working per garantire a chi era obbligato ad andare a lavorare maggiori tutele e ristori alle imprese rimaste ferme. Un provvedimento di questo tipo, secondo l’istituto di credito, avrebbe portato 49 miliardi di dollari all’anno negli Usa, 20 miliardi di euro in Germania e 7 miliardi di sterline in Gran Bretagna da poter distribuire ai “lavoratori a reddito basso, che generalmente non possono lavorare da casa”.

Un’idea (per fortuna) bocciata rapidamente, per almeno tre ordini di motivi: il primo è che nei Paesi del Mediterraneo, ma anche in Germania, terminato il periodo di lockdown tre lavoratori su quattro sono tornati in ufficio, e di conseguenza la platea su cui “rivalersi” sarebbe stata troppo risicata. Il secondo è che non si capisce per quale motivo ci si dovrebbe rifare su persone che spesso e volentieri hanno avuto uno squilibrio clamoroso nel loro work-life balance, passando rapidamente da 8 a 12 ore di lavoro al giorno nel volgere di poche settimane. Il terzo è che chi lavora da casa non è un creativo privilegiato con Macbook d’ordinanza e avocado toast sul tavolo, ma un normalissimo impiegato con retribuzione “standard” e con mille problemi in più da affrontare.

L’idea, dunque è stata rispedita al mittente, mentre ha preso corpo una possibilità di segno opposto, proprio in Germania: 5 euro al mese in più in busta paga per ogni giorno lavorato da casa, per un massimo di 100 giornate all’anno e per un periodo complessivo di 24 mesi. Dunque, 1.000 euro di incentivo che permetterebbero ad esempio di minimizzare le spese extra sostenute dagli italiani in questo periodo di pandemia. 

Spostandosi un po’ più a nord si scopre che l’Olanda è il primo Paese ad aver stanziato un bonus per i dipendenti pubblici costretti a lavorare da casa. L’indennizzo corrisponde a 363 euro l’anno e tiene conto di gas, acqua ed elettricità. Come si arriva a questa cifra? Con un calcolo aritmetico: è stato stimato dal Niubd, l’osservatorio olandese specializzato in materia di temi finanziari, che le voci di spesa in aumento per le famiglie sono molteplici e vanno dalle bollette fino al costo aggiuntivo della carta igienica, arrivando a complessivi 2 euro a persona. 

Dunque in Italia rimane da capire come comportarsi (al solito): la Cassazione ha dato ragione a chi ha sospeso i buoni pasto, ma non sarebbe giusto che fossero le aziende a farsi carico delle spese di infrastruttura informatica come computer o accesso a internet ultra-veloce? Al momento la questione è dibattuta. Quello che è certo è che, salvo rari casi di multinazionali provenienti da altre culture (da Google a Sanofi), si procede in ordine sparso, un po’ alla “volemose bene”. Ma se davvero dovremo continuare a lavorare da casa per i prossimi mesi o anni, sarà bene che si trovi un accordo non soltanto sulla reperibilità, ma anche sui contributi che spettano al datore di lavoro. Foss’anche per l’acquisto di un pigiama da (non) sfoggiare durante le riunioni rigorosamente virtuali. 

Commenti
    Tags:
    smart workingcontributo smart working




    
    in evidenza
    Caso gioielli, Scotti punge Fagnani: “Belva addomesticata? Devi fare i nomi”

    La conduttrice vs Striscia la Notizia

    Caso gioielli, Scotti punge Fagnani: “Belva addomesticata? Devi fare i nomi”


    motori
    Dacia rivoluziona il nuovo Duster, più tecnologico e sostenibile

    Dacia rivoluziona il nuovo Duster, più tecnologico e sostenibile

    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.