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Economia
"Stellantis, tavolo con azienda e Giorgetti". Il grido della Fiom sulla crisi

La scorsa settimana, per la seconda volta dall’insediamento del nuovo ministro dello Sviluppo economico, siete tornati a chiedere unitariamente con Fim e Uilm l’apertura di un tavolo al Mise per la crisi dell’automotive. Giorgetti vi ha convocato?
“No, nessuna risposta. Oltre a una situazione di settore, abbiamo anche delle gravi vertenze specifiche ancora aperte. Siamo soltanto venuti a sapere che sulla crisi Blutec il Mise vedrà  i commissari straordinari. Constato tutto ciò con rammarico e lo raffronto invece al comportamento del nuovo ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini che ha appena aperto invece una fase di ascolto dei sindacati. Con il Mise c’è totale incomunicabilità. Questo esecutivo è stato definito il ‘governo dei migliori’: non stiamo certo migliorando rispetto alla gestione precedente. Lo Stato deve garantire una continuità di servizio. Specialmente nella struttura ad hoc che gestisce le crisi aziendali”. 

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Michele De Palma con il segretario
generale della Fiom Francesca Re David

Avete lanciato l’allarme sul settore automotive. Oltre al continuo calo dei volumi produttivi, confermati anche oggi, a causa delle misure di contenimento della pandemia e dell'incertezza che continua a caratterizzare la domanda, cosa sta succedendo?
“Nell’automotive siamo ad un punto cruciale, per una serie di ragioni. Sia di carattere generale, come la trasformazione della mobilità anche in relazione alle nuove tecnologie come l’elettrico, sia di carattere specifico come la congiuntura e la ridefinizione dei gruppi dell’auto. Fattori che ridisegnano tutta la catena del valore delle quattroruote. In passato, nella creazione del valore la parte meccanica in senso stretto la faceva da padrone. Oggi invece il ruolo le è stato sottratto dal sistema dei servizi connessi all’industria automobilistica. Annunciando l'apertura entro il 2030 di sei nuove fabbriche in Europa per alimentare l'auto elettrica, Volkswagen, come altre grandi case automobilistiche, sta dimostrando di attraversare la tempesta con degli investimenti significativi. In questi anni, invece, Fiat-Chrysler ha attraversato la fase con la mancanza di investimenti sia sull’innovazione sia su nuovi modelli”.

MERCATO EUROPEO DELL'AUTO: IL PEGGIOR FEBBRAIO DAL 2013 PER LE IMMATRICOLAZIONI. STELLANTIS -22,4%/ Le immatricolazioni di automobili in Europa a febbraio sono scese del 20,3% a causa delle misure di contenimento contro il Covid-19 e dell'incertezza che continua a caratterizzare la domanda. Secondo i dati diffusi da Acea, nell'Unione europea, nei paesi Efta e in Gran Bretagna sono state immatricolate 850.170 auto, contro 1,07 milioni di febbraio 2020, ultimo mese prima dello scoppio in tutta Europa della pandemia.Da inizio anno sono state immatricolate poco meno di 1,7 milioni di auto con un calo su base annua del 23,1%.Il dato della sola Ue, pari a 771.486 auto, segna il peggior febbraio dal 2013. Tutti e quattro i principali mercati hanno segnato cali a due cifre, in particolare la Spagna con un -38,4%. Il gruppo Stellantis, che comprende tra gli altri i marchi Fiat, Jeep, Lancia/Chrysler, Alfa Romeo, Peugeot, Opel/Vauxhall, Citroen e Ds, mostra a febbraio un calo delle immatricolazioni del 22,4% a 198.883 veicoli. Da inizio anno il calo rispetto ai primi due mesi del 2020 è del 24,7%.La quota di mercato a febbraio scende al 23,4% dal 24% di un anno prima. 

Ma ora c’è Stellantis…
“Siamo arrivati alla fusione fra Fca e Peugeot, non soltanto con i cancelli delle fabbriche mezzi chiusi, ma anche scontando il fatto che in questi anni non ci sono stati gli investimenti nella parte di progettazione. Stellantis in Italia ha una potenzialità oggettivamente enorme, potenzialità rappresentata dagli stabilimenti e dalla capacità di progettare e mettere su strada 1,5 milioni di veicoli. Ma in questo momento il gruppo sta facendo soltanto delle valutazioni (il piano industriale arriverà a fine anno, ndr) e ad ogni piè sospinto spiega che ci sono dei costi industriali molto alti. E’ un tema che dev’essere affrontato in un confronto ad hoc con l’azienda”.

E cosa c’entra il governo?
“Bisogna capire cosa significa costo industriale alto, perché di certo il costo del lavoro ex Fca non vi concorre. Oltretutto, ricordo che in questi anni è stato fatto un ampio ricorso agli ammortizzatori sociali, ora anche a Melfi. Vogliamo capire su quale scala Stellantis sta parlando di costi industriali alti in Italia: vorrei comprendere se sono legati alla produzione in atto oppure al potenziale. E' urgente, quindi, discutere con l’azienda, ma anche il governo dovrebbe convocare Stellantis anche perché  l’ex Fca ha appena usufruito della garanzia pubblica del decreto Liquidità per oltre sette miliardi di euro. Decreto liquidità che prevedeva anche impegni sul piano occupazionale”. 

E quindi?
“E’ vero che gli ammortizzatori sociali sono uno strumento prezioso per mantenere l’occupazione e garantire l’indennità di cassa ai lavoratori, ma sono anche uno strumento formidabile di flessibilità nell’utiizzo degli impianti, strumento che altri Paesi non hanno. Quindi, l’azienda deve convocare tutte le organizzazioni sindacali italiane per metterle al corrente delle proprie valutazioni. Siccome il piano industriale, come ha spiegato Tavares, arriverà solo a fine dell’anno, non vogliamo trovarci in quel momento a dover prendere atto di una strategia calata dall'alto. Oggi vogliamo capire se ci sono dei margini di discussione. E sui costi industriali, se ci sono anche costi di sistema, ecco che diventa fondamentale allargare il tavolo anche al governo. Bisogna cercare di neutralizzare quei fattori che rischiano di rendere di stabilimenti italiani potenzialmente inutilizzabili. Chiederemo a Stellantis di fare il punto non solo stabilimento per stabilimento. Dopo gli incontri di cortesia ora bisogna iniziare a entrare nel merito: scambiamoci le informazioni per comprendere cosa significa quando l’azienda parla di costo industriale alto in Italia e apriamo il confronto. In tutti i Paesi europei, è il ministro dello Sviluppo economico o il presidente del Consiglio a chiamare la grande multinazionale e i sindacati per capire cosa sta succedendo, prima di arrivare a un confronto con tutti gli attori al tavolo. Gli ultimi dati europei sulle immatricolazioni di nuove auto sono impressionanti.  C’è un altro elemento di sottovalutazione poi”.

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Le conseguenze sull'indotto?
“Esatto. L’impatto del crollo delle vendite durante la pandemia non è soltanto su Stellantis con il ricorso alla cassa, ma c’è anche un effetto moltiplicatore sulle aziende dei servizi e della componentistica. Attorno ad alcuni stabilimenti ex Fca c’è il rischio della desertificazione industriale. I francesi hanno una presenza forte dello Stato in Stellantis e un piano nazionale e un Osservatorio sull’industria dell’auto. In Italia nulla di tutto ciò. In Europa, le grandi aziende dell'auto sono tutte partecipate pubbliche. Volkswagen, Psa, Renault e potrei continuare l'elenco. Nell'indotto abbiamo attraversato anche la crisi dei semiconduttori che ha paralizzato tutta l'industria europea dell'automotive, componentistica che in prospettiva dovrà anche ripensare le proprie produzioni per adattarle alla sfida dell'elettrico. La transizione va governata con una politica industriale e un piano occupazionale per un restyling completo delle competenze dei lavoratori. Formazione per gli addetti e per i futuri ingegneri che usciranno dalle università. E' un confronto che va aperto immediatamente se vogliamo immaginare un futuro per l'automotive in Italia. La transizione verso un mondo ecologico va fatta attraverso l'industria e il lavoro. E' l'occupazione che rende possibile questa trasformazione nell'industria”.  

(Segue: le crisi dell'indotto auto. Da Blutec a Industria Italiana Autobus e Bosch Bari e da Cnh Iveco a Bekaert...)

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