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Economia
Trimestrali, chi vince e chi perde. Problemi di cassa per alcune blue chips
Foto: LaPresse

Piazza Affari, il peggio è alle spalle? La domanda torna puntuale ogni volta che gli indici, come oggi, riprendono a scendere ed è inevitabile vista la brusca caduta delle valutazioni di borsa generata dalla crisi scatenatasi con l’esplodere della pandemia di coronavirus. Per cercare di dare una prima risposta, con tutte le cautele del caso dovute alla limitatissima per non dire nulla visibilità della maggior parte dei settori, si può provare a valutare le trimestrali dei gruppi non finanziari quotati alla borsa di Milano finora pubblicate, in particolare focalizzandosi su poche ma vitali voci.

Le voci che maggiormente vengono tenute d’occhio da investitori e autorità nazionali e sovranazionali sono in queste settimane in particolare tre: flussi di cassa, posizione di liquidità netta e indebitamento netto. La prima rivela se con la sua attività l’azienda brucia o accumula cassa, la seconda dice quanta cassa ha a disposizione (al netto del fatto che molti gruppi stanno stipulando accordi per garantirsi ulteriori linee di credito, se fossero necessarie), la terza quanto debito ha già accumulato in questi anni di tassi bassi per finanziare la propria attività.

In tutto le 20 principali società non finanziarie quotate a Milano, che da sole valgono oltre 222 miliardi di euro di capitalizzazione, hanno al momento una buona scorta di liquidità. In tutto dalle trimestrali sono emersi oltre 58 miliardi di euro di disponibilità liquide o equivalenti, pari ad oltre un quarto della capitalizzazione di mercato complessiva. Le stesse blue chip hanno finanziamenti pregressi, ossia debiti di varia forma e natura, per oltre 140,7 miliardi di euro, vale a dire poco meno dei due terzi della capitalizzazione di mercato e leggermente meno di 2,5 volte la “cassa” disponibile. Il quadro appare dunque sufficientemente equilibrato.

Qualche problema emerge semmai controllando i flussi di cassa liberi (free cash flow). Questi sono infatti nel complesso stati negativi per oltre 4,1 miliardi nei primi tre mesi dell’anno, ma se si guarda ai singoli gruppi si scopre che ciò è dovuto a pochi gruppi: Fiat Chrysler Automobiles, che ha bruciato cassa per poco più di 5 miliardi di euro in termini di free cash flow, Cnh Industrial, che ha bruciato quasi l’equivalente di altri 1,4 miliardi, Leonardo, i cui free cash flow hanno sfiorato un rosso da 1,6 miliardi di euro e Pirelli, con 754 milioni di free cash flow negativi. Risultati, va ricordato, in cui oltre all’impatto iniziale del Covid-19 hanno pesato andamenti stagionali e che dunque non indicano necessariamente che l’anno si chiuderà con miliardi di euro di cassa bruciata.

Queste voci sono comunque “spie” che i mercati tengono d’occhio e non sarà un caso se Eni, che nei primi tre mesi dell’anno nonostante la crisi delle quotazioni petrolifere è riuscito a registrare free cash flow per oltre 1,95 miliardi, dopo il -33% segnato negli ultimi tre mesi ha visto la capitalizzazione tornare verso i 31,5 miliardi di euro, seconda solo a quella di Enel (60,6 miliardi) che nel trimestre ha registrato minori flussi di cassa liberi (230 milioni) ed ha visto le quotazioni perdere marginalmente terreno portando a circa il 29% il calo negli ultimi tre mesi (ma conservando un guadagno del 6% circa rispetto a 12 mesi fa).

Chi ha ottenuto risultati migliori, come Ferrari (880 milioni di free cash flow nel trimestre, con un indebitamento netto dei 1,26 miliardi in linea con la cassa di 1,23 miliardi) è ugualmente riuscito a guadagnare nell’ultima settimana, ma ha limitato a soli 8 punti la perdita nel trimestre conservando così un solido +16,8% rispetto a 12 mesi prima, mentre la capitalizzazione si è stabilizzata sopra i 29 miliardi di euro.

E’ ovviamente andata peggio a chi la cassa ha dovuto bruciarla in modo più consistente, complice il blocco delle attività e il crollo della domanda: Fca (oggi in rosso di un 4%) nonostante un rimbalzino del 2% nell’ultima settimana ha perso circa il 37% nell’ultimo trimestre ed è di un 35% abbondante sotto i livelli di un anno fa e lotta per mantenere la capitalizzazione sui 12 miliardi di euro. Cnh Industrial è riuscita a recuperare con più decisione (+5% nell’ultima settimanana) ma ciò nonostante perdeva (a ieri, perché oggi sta cedendo oltre il 5%) il 39% nel trimestre ed oltre il 33% sui 12 mesi con una capitalizzazione ormai sotto i 7,4 miliardi.

Leonardo, colpita dal tracollo del trasporto aereo ha lasciato sul campo metà del suo valore negli ultimi tre mesi, ovvero il 5,5% nell’ultima settimana (e oggi perde un altro 4,5% abbondante) e a 3,2 miliardi di capitalizzazione si ritrova circa il 45% al di sotto dei livelli di un anno fa. Infine Pirelli & C., con 754 milioni di free cash flow negativi nel primo trimestre e un debito netto di 4,26 miliardi a fronte di 810 milioni di cassa ha visto le quotazioni reggere sia nell’ultima settimana sia, relativamente, nel trimestre (-22%), anche se agli attuali 3,66 miliardi di capitalizzazione vale circa il 37% in meno di un anno fa.

Un andamento divergente da quello di Prysmian (nata dallo scorporo delle attività cavi di Pirelli), che ha accumulato 538 milioni di flussi di cassa libera positivi, vedendo nell’ultima settimana il titolo segnare un recupero di 3 punti che ha ridotto a meno del 23% la perdita trimestrale e riportato sull’8% il guadagno rispetto a 12 mesi fa. Meglio ha saputo fare solo Telecom Italia, che forte di oltre 4 miliardi di cassa a fronte di meno di 26,6 miliardi di indebitamento netto e con 923 milioni di flussi di cassa libera generati nel primo trimestre è riuscita a risalire sopra gli 8 miliardi di capitalizzazione, con un rimbalzo del 9% nell’ultima settimana (che rischia però di svanire già oggi) che ha ridotto a meno del 27% la caduta negli ultimi tre mesi e al 18% quella rispetto a un anno fa.

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