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Economia
Ubi, le "mani" di Bazoli sui crediti. Cartolarizzazioni nel mirino della GdF

Spuntano dei dossier della Guardia di Finanza all'interno dell'inchiesta della Procura di Bergamo ai danni di 40 manager di Ubi Banca che si è chiusa a novembre dello scorso anno e in attesa delle richieste di rinvio a giudizio ai banchieri fra cui il presidente onorario di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli e la figlia Francesca, consigliere di sorveglianza dell'istituto nato nel 2007 dalla fusione fra Banca Lombarda e Bpu, per i quali il pm Fabio Pelosi ipotizza vari reati fra cui l'ostacolo alla vigilanza e l'influenza illecita sull'assemblea dei soci del 2013 a seguito di un presunto patto di sindacato occulto.

ubi banca ape
 

Secondo quanto riferisce il Fatto Quotidiano, a fine gennaio i militari delle Fiamme Gialle avrebbero depositato delle annotazioni che dimostrerebbero la pervasiva influenza della famiglia Bazoli sugli affari legati alla gestione dei crediti in sofferenza di Ubi Banca. Tra le piste investigative indicate, ci sarebbe infatti quella delle cartolarizzazioni di crediti per circa 4 miliardi di euro complessivi, operazioni che avrebbero coinvolto tre società sotto l'influenza di Bazoli.

Con quale meccanismo? Secondo la GdF, scrive il Fatto, cinque società veicolo (24-7 Finance srl, Lombarda LeaseFinance 3 srl, Lombarda Lease Finance 4 srl, Ubi Finance 2 srl e Ubi Finance 3 srl) nelle quali “l’incarico di presidente era stato affidato a Gregorio Gitti (ex genero di Giovanni Bazoli)” e quattro delle quali sono partecipate da Ubi con il 10% e controllate al 90% dalla fondazione di diritto olandese Stichting Brixia, avrebbero affidato l'operazione di trasformazione dei crediti in titoli da vendere sul mercato a Progressio Sgr, Mire Sgr Spa e Castello Sgr Spa, quest'ultima partecipata al 21,81% dalla Mittel, la prestigiosa boutique finanziaria fondata negli anni 80 proprio da Bazoli per fare da contraltare finanziario cattolico a Mediobanca, centro di potere invece della finanza laica. Anche la Mire sgr (Mittel Real Estate) nasce da una costola di Mittel e Progressio è stata nella galassia Mittel fino a metà 2009, dopo l’inizio delle grandi cartolarizzazioni di Ubi.

Da tutto ciò, conclude il Fatto, discende la diagnosi delle Fiamme Gialle inserita dalla procura nel fascicolo processuale in corso: “Le indagini tecniche svolte (...) hanno confermato gli interessi della famiglia Bazoli sia nella gestione della Mittel spa (di cui Giovanni Bazoli è stato sino al 26 aprile 2012 presidente del Cda) sia nella gestione delle fondazioni di diritto olandese sopra menzionate”.

Nei ruoli apicali  di queste ultime (nei cui statuti pare che l'oggetto sia quello di garantire servizi agli studenti) compare spesso, secondo un esposto alla procura dell’Associazione azionisti Ubi Banca e dell’Adusbef, Giuseppe Sciarrotta, responsabile dell’ufficio soci di Brescia, manager "assolutamente determinante per la gestione delle assemblee, delle deleghe e quindi della elezione dei vertici Ubi, oggi al vaglio della magistratura di Bergamo”. Un figura che potrebbe chiudere il cerchio fra tutti i reati contestati ai manager e validare l'impianto accusatorio del pm. Un impianto da cui il banchiere ha preso le distanze non facendosi ascoltare dal pm, ma rilasciando, precisano gli inquirenti, un'intervista al Corriere della Sera (forse una scelta un po' arrogante?), quel quotidiano nel cui azionariato Banca Intesa ha sempre esercitato un ruolo centrale, gestendo anche la transizione degli equilibri di potere dallo storico Patto Rcs fino alla nuova gestione Cairo.   

Infine, un altro capitolo riguarda le perdite miliardarie subite da Ubi Banca tra il 2012 e il 2013 nella gestione delle sue quote azionarie di Intesa-Sanpaolo, istituto di cui Bazoli è stato presidente del consiglio di amministrazione prima e di sorveglianza poi nella gestione duale, banca di cui ora è rimasto presidente emerito. La GdF non esclude che "la gestione antieconomica del pacchetto di azioni di Banca Intesa (in pancia a Ubi, ndr) sia collegata al duplice ruolo ricoperto da Bazoli nell'ambito del gruppo Intesa e Ubi". 

Secondo quanto ricostruisce La Verità, infatti, all'atto della fusione tra la Bpu bergamasca e la Banca lombarda e piemontese di Brescia quest'ultima aveva conferito al nuovo gruppo un cospicuo pacchetto di Intesa, valutato 2 miliardi di euro. Tali azioni, scrivono i finanzieri, non erano un investimento strategico, ma una partecipazione destinata alla vendita. Cessione che avvenne tra il 2012 e il 2013, generando così una minusvalenza di circa un miliardo. Quando però, concludono le Fiamme Gialle, Ubi lanciò un aumento di capitale da un miliardo, chiese soldi ai soci "per avere i mezzi accompagnare la crescita dell'economia". Ammontare che poi, specifica la GdF, è stato impiegato invece per aderire all'aumento di capitale lanciato da Intesa. Centra qualcosa Bazoli? I militari non lo escludono. 

 

 

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