Cinema
Jurassic World – La Rinascita: l’era dei dinosauri è davvero (ri)nata… o siamo arrivati alla fine del mito?
Jurassic World – La Rinascita, recensione: dinosauri, azione e nostalgia in un B-movie con Scarlett Johansson. Vale il prezzo del biglietto? Scoprilo ora

Dinosauri in vacanza (e spettatori anche)
Il settimo capitolo della saga di Jurassic Park, Jurassic World – La Rinascita, è il tipico blockbuster estivo che sa di déjà-vu. Ma questa volta, il film sembra saperlo benissimo. Siamo su una nuova isola tropicale – la terza della serie – piena di dinosauri, ibridi e umani che giocano con il destino dell’evoluzione. Solo che, a differenza di Spielberg e del fascino del 1993, qui nessuno sembra più davvero stupirsi.
Gareth Edwards dirige con mano sicura, spalleggiato da David Koepp (già sceneggiatore del primo mitico Jurassic Park): la squadra protagonista include Scarlett Johansson (Zora, mercenaria spigolosa e ironica), Jonathan Bailey (Henry, paleontologo sognatore e perfettamente consapevole di essere in un film), Mahershala Ali e Rupert Friend. Le dinamiche funzionano: Johansson si diverte e il suo carisma regge la scena, Bailey è irresistibilmente nerd e autoironico, Ali è solido. Ma tutto è, volutamente, un enorme gioco di citazioni.
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Un’avventura che sa di videogioco (e di spot pubblicitario)
La trama? Un McGuffin di pura serie B: serve recuperare il sangue di tre specie di dinosauri (terra, mare, aria) per una cura miracolosa, in una missione tra sequenze action, barche che affondano e adolescenti “di passaggio”. Il film gioca apertamente con i cliché del franchise: il T-Rex che si comporta da animale domestico, mostri nuovi e improbabili (alcuni sembrano usciti da Star Wars), situazioni assurde e scene d’azione girate come livelli di un videogioco.
La sensazione, però, è che stavolta si punti molto più sull’ironia e sulla nostalgia che sul brivido. Il senso di pericolo svanisce: nessuno crede davvero che qualcuno possa morire. E mentre scorrono scene di azione tra panorami notturni mozzafiato e richiami musicali a John Williams, tra le fronde degli alberi spunta una sfilata di product placement quasi imbarazzante (Heineken, Lays, Snickers e compagnia).

B-movie di lusso: difetto o punto di forza?
Edwards e Koepp fanno una scelta precisa: dichiarare fin da subito che il film non punta alla plausibilità scientifica, ma al puro intrattenimento – anzi, al gioco. Dinosauri animatronics (un ritorno voluto alle origini di Spielberg), personaggi ridotti a semplici archetipi, trama che si concede ogni assurdità. Un esercizio di nostalgia e citazionismo, con la consapevolezza di non poter più sorprendere un pubblico che ha già visto tutto.
Ma questa scelta paga? In parte sì: Jurassic World – La Rinascita diverte, fa sorridere e, per un paio d’ore, trasporta in un mondo in cui le leggi della logica e del cinema classico vengono lasciate al guardaroba, insieme alla serietà. Gli errori dei personaggi sono la scusa per nuove fughe e nuove trovate, i dinosauri sono sempre meno minacciosi e più “mascotte”.
Il cast ci crede (e salva il film)
L’operazione funzionerebbe molto meno senza il talento del cast. Scarlett Johansson e Mahershala Ali regalano una leggerezza che serve a tenere in piedi la baracca, ma è Jonathan Bailey il vero cuore del film: il suo Henry, entusiasta di dinosauri e cinema, rappresenta ogni spettatore che nonostante tutto vuole ancora credere nella magia della sala.
Jurassic World, la saga che si prende in giro
Jurassic World – La Rinascita si prende gioco di se stesso, del franchise e persino degli spettatori, ma lo fa con intelligenza e qualche guizzo visivo. Non è un film “importante” e neppure “essenziale”: è un B-movie costoso, che accetta i limiti della serialità e li trasforma in stile. Ma il rischio è che questa ironia diventi stanchezza: ormai, l’effetto meraviglia è perduto e il ruggito dei dinosauri non fa più paura (né scalpore).