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Spettacoli
“È stata la mano di Dio”: Paolo Sorrentino punta all'Oscar-bis con Maradona

"E' stata la mano di Dio": Paolo Sorrentino, Diego Armando Maradona e il film più autobiografico di una grande carriera

“Grazie alle mie fonti di ispirazione: Federico Fellini, i Talking Heads, Martin Scorsese e Diego Armando Maradona”. Con questo storico discorso di ringraziamento Paolo Sorrentino nel 2014 sorprese la platea degli Oscar, che lo applaudiva per aver vinto la statuetta con “La grande bellezza” come miglior film straniero. Tutti speriamo che possa pronunciare parole analoghe il prossimo 27 marzo, quando il regista napoletano tornerà a rappresentare l'Italia nella cerimonia di Los Angeles con “E' stata la mano di Dio”, nel quale l'influenza del compianto Maradona è più evidente che mai. E prima ancora, il 9 gennaio, il film di Sorrentino sarà in corsa come migliore film straniero alla 79esima edizione dei Golden Globe, a dimostrazione del consenso ottenuto da questa sua ultima opera, decisamente particolare.

Dal Pibe de Oro ai Talking Heads: il Pantheon del regista

Il decimo film della carriera del regista è dedicato al numero 10 per eccellenza: quel Maradona che, a un anno dalla morte, continua a rappresentare un punto di riferimento per il regista. “Un amico”, lo ha definito recentemente, pur non avendolo mai conosciuto di persona. Il personaggio del “Pibe de Oro” era presente anche in “Youth” (2015), così come “This must be the place” (2011) omaggiava in maniera decisamente esplicita i Talking Heads, con David Byrne coinvolto nel progetto sia come attore nei panni di se stesso che come autore della colonna sonora. “Ok, sai tutto della mia band: adesso però smettila di fare il fan e iniziamo a discutere da persone reali”, gli disse il cantante, in occasione del loro primo incontro. Con “E' stata la mano di Dio”, Sorrentino ha però usato il proprio mito per realizzare il film più autobiografico della sua parabola artistica e il riferimento al celebre gol che Diego segnò con la mano all'Inghilterra durante il mondiale '86 non deve trarre in inganno. Non è l'ennesimo ricordo del campione, a un anno dalla sua scomparsa.

Così Maradona mi ha salvato la vita

Il più importante film italiano del 2021 racconta la tragedia che portò Sorrentino a rimanere orfano a soli 16 anni. La perdita di una stufa durante la notte causò ai suoi genitori un avvelenamento da monossido di carbonio, dalla quale il giovane Paolo si salvò per una circostanza decisamente fortunata: non era coi genitori, perché altrimenti si sarebbe perso la partita del Napoli. Ne ha parlato per la prima volta solo nel 2016, in una toccante intervista al Corriere della Sera: A me Maradona ha salvato la vita. Da due anni chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il weekend in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli. Citofonò il portiere. Pensavo mi avvisasse che era arrivato il mio amico a prendermi. Invece mi avvertì che era successo un incidente. In questi casi non ti dicono tutto subito. Ti preparano, un poco alla volta. Papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa. Avvelenati dal monossido di carbonio. Mia sorella più grande, Daniela, che già conviveva, venne eroicamente a vivere per un anno con me e mio fratello Marco. Poi rimasi da solo, nella casa al Vomero. Un tempo che ricordo come un limbo. Ero quasi in stato confusionale”.

Toni Servillo, l'alter-ego di Sorrentino

Nato a Napoli il 31 maggio del 1970, ultimo di tre figli, Sorrentino è cresciuto con la madre Concetta detta "Tina" (casalinga) e Salvatore "Sasà" (impiegato bancario). Come per tutta la sua generazione, ha avuto in Maradona un vero e proprio punto di riferimento, non solo sportivo. Il suo amore per il calcio si rispecchia anche ne “L'uomo in più”, il suo film d'esordio uscito giusto vent'anni fa, nel 2001. Il titolo riprende infatti la celebre teoria dell'allenatore Ezio Glerean, che ai tempi del Cittadella schierava un particolare modulo a quattro punte per conquistare la superiorità numerica in alcune zone del campo. Nel film questo pensiero viene attribuito all'ex calciatore Antonio Pisapia, che muore suicida dopo aver tentato invano di trovare un nuovo lavoro nel mondo del pallone. Una storia chiaramente ispirata alla vicenda dell'ex capitano della Roma Agostino Di Bartolomei, mentre l'altro Antonio “Tony” Pisapia del film, un omonimo cantante interpretato da Toni Servillo, ricorda invece Franco Califano. Servillo è da sempre l'attore-feticcio di Sorrentino, che gli affidato sia il ruolo di Giulio Andreotti ne “Il Divo” (2008) che quelli di Silvio Berlusconi ed Ennio Doris in “Loro” (2018). Nel mezzo, è stato protagonista di tutti gli altri film del regista concittadino, con la sola eccezione dei già citati “Youth” e “This must be the place”, oltre che del collettivo “Rio, eu te amo” (2014).

Collaborazioni e cameo di livello internazionale

“L'uomo in più”, realizzato quando aveva 31 anni, è stato il primo lampo di una passione per il cinema che ha portato Paolo Sorrentino ad abbandonare la facoltà di Economia e Commercio quando gli mancavano solo cinque esami alla laurea. Si può comunque chiamarlo “Dottore”, perché nel 2015 l'Università Federico II° di Napoli gli ha conferito la laurea honoris causa in Filologia Moderna e proprio allora il regista spiegò di voler fare un film sulla propria città, ma di non averne ancora avuto il tempo. Finalmente ce l'ha fatta.
Nelle rare volte in cui non ha avuto Servillo accanto a se', è stato comunque in compagnie più che prestigiose. “This must be the place” ha come protagonista un Sean Penn che interpreta l'attempato cantante Cheyenne, evidentemente ispirato a Robert Smith dei Cure. Al suo fianco c'è Eve Hewson, figlia di Bono degli U2, altra icona musicale della scena new-wave anni '80. “Youth” schiera un trio d'eccezione composto da Michael Caine, Harvey Keitel (che recita anche in “Rio”) e Rachel Weisz. Nella serie-tv “The Young Pope” Sorrentino ha invece puntato su Jude Law, seguito dal “New Pope” John Malkovich. In entrambe le stagioni c'era uno straordinario Silvio Orlando, che interpretava il Cardinale Voiello (cognome preso in prestito da uno degli sponsor storici del Napoli), non a caso tifosissimo dei partenopei. Da Diane Keaton a Stefano Accorsi, passando per una sensuale Cecile de France e i cameo di Sharon Stone e Marylin Manson nei panni di loro stessi, si può ben dire che Sorrentino si sia divertito a lavorare citando le proprie muse, proprio come oggi fa con Maradona. E, a proposito di serie-tv, anche Sorrentino ha fatto la parte di se stesso, comparendo in un episodio della terza stagione del cult “Boris”.

Vita privata e trionfi pubblici

Paolo Sorrentino è sposato con la giornalista Daniela D’Antonio, conosciuta quando lei scriveva per “Repubblica” e lui faceva parte della compagnia teatrale Teatri uniti: le rispettive sedi a quell'epoca erano nello stesso palazzo di Napoli. Dal loro matrimonio sono nati due figli, Anna e Carlo, e oggi tutta la famiglia vive a Roma, dopo aver venduto la casa di famiglia a Napoli nella quale Paolo ha vissuto fino ai 30 anni. E non a caso la Città Eterna è l'autentica coprotagonista de “La Grande Bellezza”, al pari di Servillo, Carlo Verdone e Sabrina Ferilli. Oltre al già citato Oscar, ha vinto quattro European Film Awards, un Premio BAFTA, cinque David di Donatello e la bellezza di otto Nastri d’argento. Dal grande schermo è passato alla scrittura in modo molto naturale: il personaggio di Tony Pisapia è tornato nel 2010 nel suo primo romanzo, “Hanno tutti ragione”, seppure con il cognome trasformato in Pagoda. Nel 2012 hanno fatto seguito “Tony Pagoda e i suoi amici”, nel 2016 “Gli aspetti irrilevanti” e nel 2017 “Il peso di Dio. Il vangelo di Lenny Belardo”, ispirato a “The Young Pope”.

Citazioni incrociate, da Lenny Belardo a Carlo Mazzacurati

Proprio “il giovane Papa” Lenny Belardo, ha spiegato Sorrentino a “Sette”, è il personaggio che più gli assomiglia, in quanto orfano, una parola che però non ha mai usato volentieri (“mi sembrava l'emblema della cattiva sorte”). “E' stata la mano di Dio” è certamente il suo film più autobiografico (“Per quanto un film lo possa essere”, precisa), ma come tutti gli artisti anche il regista napoletano ha pescato a pieni mani dalla sua esperienza personale in vari momenti della sua carriera. Nella stessa intervista al settimanale del “Corriere della Sera” spiega il senso della costante presenza di animali nei suoi film: “Molti tendono a vederci dei simboli, la cosa è meno nobile: contagiato da Umberto Contarello (sceneggiatore, ndr), il rapporto uomo animale mi fa ridere”. Molto più semplicemente, sono ricordi d'infanzia: “Nel Parco c’era un veterinario, uno dei pochi a Napoli a trattare animali esotici. Una sera io e mio fratello rientrando a casa vediamo un pavone. Per settimane tra le macchine parcheggiate del condominio compariva il pavone, coi condomini che pretendevano di dargli da mangiare. Ecco, siccome il pavone è in Amarcord, ho avuto la tentazione di trasformarlo in gorilla. Sarà il mio punto d’arrivo. Metto in scena il gorilla, e mi ritiro”. E persino il celebre Tony Pisapia era ispirato al padre: “Quello era il suo modo di stare al mondo, il suo amore per la musica e per le donne, si riteneva un conquistatore”. Ma perchè, allora, ci ha messo così tanto prima di raccontare sul grande schermo la drammatica perdita dei suoi genitori? Sorrentino cita il collega Carlo Mazzacurati e il suo film del 2007 “La giusta distanza”: “Avendo compiuto cinquant’anni, potevo affrontare certi temi con misura, con un atteggiamento sentimentale e non sentimentalista. In precedenza temevo lo sfoggio: guardate come sono bello nella mia sofferenza”. In “E' stata la mano di Dio” Sorrentino cita esplicitamente un altro suo grande mito, Federico Fellini, che ispira al protagonista Fabietto una risoluzione che diverrà profetica: “Voglio fare il cinema perché la realtà non mi piace più. La realtà è scadente”. E lo dice ad Antonio Capuano, altro regista ampiamente omaggiato da Sorrentino in quest'ultimo film. Così, per opera della mano di Dio, è cominciata la carriera del regista che tenendo alto la bandiera del cinema italiano.

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