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Africa, il continente ambito: dalla febbre dell’oro alla corsa alle terre rare

Africa, dalla febbre dell'oro alla corsa alle terre rare 

Tensioni, violenze, boicottaggi e irregolarità hanno caratterizzato le recenti elezioni di Guinea, Costa d'Avorio, Tanzania e Burkina Faso. Ma l'Africa attira l'interesse del mondo (e dei governi) non solo per la complicata situazione politica, ma anche (o soprattutto) sul fronte energetico. La nuova frontiera dell’industria mineraria, verso la quale puntano le maggiori economie mondiali, si trova in uno spazio geografico quasi vergine, scarsamente utilizzato in termini di riconversione produttiva. Dal Niger alla Costa d’Avorio, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Tanzania, dal Malawi al Mozambico fino alla Namibia, la domanda di metalli per lo sviluppo tecnologico è in continuo aumento, con industrie in prima linea alla caccia di cobalto, grafite, litio, neodimio, niobio, praseodimio, terre rare.

Già nel 2018, in Malawi, la Noble Group quotata a Singapore, annuncia investimenti per 17 milioni di dollari per l’estrazione di metalli da terre rare. Nello stesso anno, in Tanzania, il fondo americano Denham Capital dà al via al progetto Panda Hill per avviare una miniera di niobio, un metallo superconduttore. Nel Nord del Mozambico la società australiana Syrah Resources lavora per la produzione della più grande miniera di grafite, un minerale utilizzato nelle batterie delle auto elettriche di nuova generazione.

Africa, la RDC è il magazzino globale di minerali 

Invece nella Repubblica Democratica del Congo i maggiori players mondiali puntano gli occhi sul cobalto.  Usato in molte leghe, nei magneti e nei mezzi magnetici per la registrazione, come catalizzatore per l’industria chimica e petrolifera, come agente essiccante per vernici e inchiostri, come colore nei lavori in porcellana, ceramica, vetro macchiato, mattonelle e smalti per gioielleria, ma soprattutto, per la produzione delle batterie al litio e degli strumenti tecnologici, il cobalto è uno di quei minerali che tutti vogliono, ma in pochi hanno, il cui utilizzo sarà sempre più essenziale. Soprattutto se si guarda al graduale processo di elettrificazione del settore automobilistico, verso il quale diversi paesi europei, primi fra tutti Germania e Regno Unito, vogliono puntare. Se per auto ibrida ricaricabile servono meno di 4 chilogrammi di cobalto, per un'elettrica la cifra si attesta tra i 4 e i 14 chilogrammi, in funzione alla capacità della batteria. Basti ora moltiplicare questa quantità per il numero di veicoli elettrici in programma a livello globale, per comprenderne importanza e necessità. 

La Repubblica Democratica del Congo è il maggior "magazzino" di cobalto del Pianeta, responsabile per il 60% dell'intera produzione. L’industria mineraria rappresenta per il Paese il settore fondamentale dell’economia,  caratterizzata oltre che dal cobalto, anche dalla produzione di più di 1100 materiali preziosi, tra cui rame, diamanti, tantalio, stagno e oro. Secondo stime governative fino al 2007, il sistema minerario nella RDC, tradizionalmente dominata dai “minatori artigianali”, ha dato sostentamento a circa il 20% della popolazione: circa 12.5 milioni di persone. A oggi però le carte in tavola sono cambiate: i creuseurs hanno perso sempre più importanza nel settore minerario, e il governo ha deciso di affidare le concessioni di cobalto, ma non solo, alle grandi aziende estrattive internazionali, aprendo la strada a nuove dominazioni geopolitiche del mercato. Logiche che hanno fatto crescere, negli ultimi anni, in modo esponenziale la domanda mondiale delle terre rare: tra il 2016 e il 2019 si è passati dalle 90mila alle 127mila tonnellate richieste. Diverse stime proiettano nel 2023 un ulteriore aumento della produzione, arrivando a sfiorare le 185mila tonnellate. Mentre secondo Darton Commodities Limited, uno dei principali fornitori mondiale di minerali, il 2020 si concluderà con un fabbisogno materiale di oltre 120mila tonnellate, in crescita rispetto alle solo 109.500 del 2017.  

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