Esteri
Battaglie nel cuore di Jabalia: una carneficina a tappeto

Molteplici attacchi israeliani nelle ultime ore hanno ucciso almeno 40 palestinesi nella Striscia di Gaza
Battaglie nel cuore di Jabalia: una carneficina a tappeto
Mentre l’attenzione della stampa e dei media è catalizzata dal ritrovamento dei corpi dei tre israeliani rapiti e uccisi il 7 ottobre, nel nord della Striscia di Gaza le cose si muovono a una velocità incredibile. Quella che Israele aveva dichiarato essere un’area “bonificata” da Hamas è tornata ad essere il fulcro principale della sua campagna militare, e questo malgrado quell’area sia densamente popolata.
Secondo quanto riportato pochi minuti fa da Al- Jazeera, le battaglie infuriano nel cuore del campo profughi di Jabalia, in particolare nelle vicinanze dell'ospedale Kamal Adwan, dove l’esercito israeliano ha intensificato il bombardamento militare sui principali quartieri centrali, uccidendo nelle ultime due ore almeno 28 palestinesi, tra cui 10 bambini e 10 donne.
L’intero campo profughi di Jabalia sta subendo un tasso di distruzione senza precedenti. Secondo quanto riferito ad Al-Jazeera da testimoni e fonti sul campo, risulta che l’esercito israeliano stia demolendo interi quartieri residenziali senza nessun riguardo per i civili presenti all’interno che restano seppelliti sotto le macerie degli edifici. I soccorritori stanno compiendo sforzi disperati per recuperare le vittime. L’obiettivo sembra essere quello di distruggere l'intero campo allo scopo di garantire che da quella zona non si riorganizzi nessuna forma di minaccia militare da parte di Hamas. Il corrispondente di Al-Jazeera, il giornalista Hani Mahmoud, riferisce che l’attacco, insieme ad altri avvenuti oggi nell’area di Jabalia, equivale a “uno dei massacri di civili più rapidi in tutta Gaza dalle prime settimane di guerra”.
Anche a Rafah, la gente fugge verso il nulla, “in un deserto di devastazione e sabbia”. Sono circa 1 milione e mezzo gli abitanti ammassati in quella città, e più di 600.000 di loro l’hanno già abbandonata in preda al panico, certi che “gli avvertimenti di Biden non fermeranno un massiccio attacco di terra come quello avvenuto a Gaza City e Khan Yunis”.
Da ieri, sul molo temporaneo allestito dagli Stati Uniti sulla costa nord di Gaza, costato più di 320 milioni di dollari, sono iniziate a sbarcare le prime spedizioni di aiuti umanitari che vengono consegnate all’ONU, al quale spetta il compito di coordinarne la distribuzione. Ulteriori aiuti dagli Stati Uniti e da altri paesi continuano ad arrivare a Cipro, dove saranno caricati sulle navi per la consegna tramite il molo.
Il molo è una soluzione temporanea per garantire l’assistenza umanitaria a Gaza e soddisfare i bisogni urgenti ma, come dichiara il portavoce dell’ONU, gli aiuti umanitari “non possono e non devono dipendere da un molo galleggiante, lontano dai luoghi dove l’emergenza è più urgente”. Sempre l’ONU avverte che “l’incuria minaccia la Striscia di Gaza”, e che gli aiuti arrivino via mare o via terra non cambia perché “senza carburante non raggiungeranno le persone che ne hanno bisogno”.
E ieri pomeriggio la Corte Internazionale di Giustizia ha concluso l’udienza di due giorni sulle misure di emergenza richieste dal Sudafrica nella guerra di Israele a Gaza. È la quarta volta che il Sudafrica si appella alla corte quest’anno, nell’ambito del caso di genocidio avviato contro Israele nel dicembre 2023.Nel corso di questo quarto procedimento, il Sudafrica ha chiesto alla corte di ordinare la fine dell’attacco israeliano a Rafah, che definisce “l’ultimo rifugio” a Gaza; ha fatto appello per diverse altre “misure provvisorie”, fra cui quella che Israele consenta l’accesso senza ostacoli a Gaza a aiuti umanitari, giornalisti e investigatori.In risposta, ieri Israele ha affermato di avere il diritto di continuare la sua offensiva su Rafah per difendersi da Hamas e ha accusato il Sudafrica di “prendersi gioco dell’atroce accusa di genocidio” e di “trascinare Israele in tribunale all’infinito”. La prossima settimana la Corte internazionale di giustizia dovrebbe pronunciarsi sulle misure di emergenza richieste dal Sudafrica.