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Esteri
Bielorussia, Minsk sempre più in mano a Putin:fondi a Lukashenko per la Difesa

In quasi quattro ore di colloqui a porte chiuse, il presidente russo Vladimir Putin ha confermato il suo appoggio al collega bielorusso, volato a Sochi, sul Mar Nero, nelle vesti di "un amico in difficoltà", come lui stesso si è definito dopo oltre un mese di manifestazioni che ne chiedono le dimissioni. L'appoggio di Mosca è sostanzialmente economico e militare: Putin ha annunciato un prestito di 1,5 miliardi di dollari (utile all'economia del Paese, ma soprattutto per foraggiare l'apparato della sicurezza, unico rimasto ad appoggiare Lukashenko), ha detto che si è discusso in modo "costruttivo" di approvvigionamento energetico e auspicato una maggiore collaborazione nell'industria della difesa, con esercitazioni militari congiunte che inizieranno da subito e si terranno regolarmente per un anno ("tutti i militari russi saranno restituiti ai loro luoghi di schieramento").

Bielorussia, Lukashenko 'implora' Putin: la foto è virale

Delle oltre quattro ore di colloqui a porte chiuse a Sochi tra i presidenti russo e bielorusso, Vladmir Putin e Aleksandr Lukashenko, l'immagine più iconica rimane quella del leader di Minsk seduto a fianco al collega con le mani quasi in preghiera, mentre il capo del Cremlino lo guarda impassibile a gambe aperte. 
"Il linguaggio del corpo dice mille cose, Lukashenko supplica per la sua causa il fratello maggiore" (come lo stesso dittatore bielorusso ha definito il presidente russo), è uno dei commenti apparsi sui social dove la foto è diventata virale. 
    Quello a Sochi, sul Mar Nero, è il primo viaggio all'estero di Lukashenko da quando, dopo le elezioni del 9 agosto macchiate da brogli e manipolazioni, la piazza lo contesta in tutto il Paese, chiedendone le dimissioni nonostante la dura repressione messa in atto. 


Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha assicurato che non si è discusso di basi militari russe sul territorio della ex repubblica sovietica, come in molti avevano speculato, anche se Putin ha lasciato intendere di essere pronto a intervenire qualora venga superata la linea rossa della minaccia alla sovranità del Paese, nel quadro dell'alleanza militare Csto.

Sembra rimandata la questione della maggiore integrazione della Bielorussia nello Stato dell'Unione, con cui il Cremlino mira a portare definitivamente il Paese nell'orbita russa. Non sembra un'opzione sfruttare la debolezza interna ed internazionale di Lukashenko per portarlo a firmare accordi su cui finora è stato riluttante: la legittimità del leader di Minsk è così minata e la sua prospettiva di rimanere in carica così incerta che stipulare patti politici seria appare rischioso. Probabilmente la chiave per una possibile exit strategy che convenga anche al Cremlino è nella ancora poco chiara promessa riforma costituzionale, unica concessione di Lukashenko alla piazza, che però non si fida e vede la mossa come un modo per prendere tempo. Mosca potrebbe puntare a una transizione controllata del potere con l'arrivo alla guida del Paese di una figura fedele alla Russia ma accettata anche dal movimento di piazza. 

Le incognite dietro questa strategia non sono poco: una su tutte la scarsa affidabilità di Lukashenko e poi il risveglio della società civile in Bielorussia. Nel giorno dei colloqui di Sochi, a rivolgersi a Putin è stata Svetlana Tikhanovskaya, la ex candidata alle presidenziali del 9 agosto e ritenuta dalla piazza la vincitrice legittima del voto. "Mi dispiace molto che lei abbia deciso di aprire il dialogo con l'usurpatore e non con il popolo bielorusso", ha dichiarato Svetlana Tikhanovskaya. "Tutti gli accordi firmati con Lukashenko saranno riesaminati dal nuovo governo perché il popolo bielorusso ha negato la fiducia e il sostegno a Lukashenko alle elezioni".

 

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