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Esteri
Coronavirus, il silenzio insolito di una Miami Beach in piena pandemia

L’impressione che si ha nell'entrare all’aeroporto di Miami, praticamente vuoto, con tutti i negozi chiusi e i banchi serrati, è quella di fare parte di una pellicola da film dell’Apocalisse. Ma la stessa sensazione perdura nel girare la città su cui incombe uno strano silenzio. A parte qualche locale che non si arrende a suonare musica cubana, il resto dei locali sono vuoti o appaiono vuoti attraverso i vetri scuri.    

Miami-Dade, la città della musica, della vita notturna, dello sport ha accumulato ad oggi 134000 contagi con 1874 morti in un’area popolata da 2,8 milioni di persone. L’area metropolitana fa parte dello Stato della Florida con 22 milioni di persone. Ora la Florida è il secondo Stato di tutta l’America , dopo la California, per contagi : 540000 e 8200 vittime.

Ai passeggeri dei pochi voli locali in arrivo e agli altrettanti dei pochi voli internazionali in partenza non viene chiesta alcuna misura particolare. Tutti indossano le mascherine ma la temperatura non viene provata a nessuno. Solo viene imposto un questionario di impegno qualora si avessero avuto contatti con malati, o, se si avessero sintomi, ci si impegna a fare un'auto quarantena. Sinceramente i moduli diventano pacchi di carta riempiti e firmati la cui fine non si comprende quale possa essere.

Tutto molto coerente con la flessibilità sulle misure di sicurezza adottate ‘lievemente’ dal Governatore Ron De Santis, repubblicano trumpiano, tutto di un pezzo. Uno dei primi Governatori a riaprire le porte dello Stato e con poche restrizioni. 

Ma a giugno De Santis è stato costretto ad un rapido dietro front perchè i contagi erano rapidamente ripresi. Bar e ristoranti di nuovo chiusi o solo operanti per l’asporto, discoteche e palestre richiuse. Timidi suggerimenti di usare la mascherina ma forse troppo tardi perchè, in poco tempo, lo Stato, nono come contagi, è balzato rapidamente al secondo posto. E in ogni caso il coprifuoco, in alcune aree del centro finanziario della città dei sogni, è rimasto ancora inalterato, dalle 10 di sera fino alla mattina alle 5. 

Nonostante tutto però le spiagge, dopo tre mesi di chiusura, sono state riaperte. Mentre Miami da sola ha continuato a macinare più casi di Canada ed Ecuador.

Sulle spiagge e nei bar pochi usano le mascherine e, a dire la verità, nemmeno la distanza di sicurezza. E sulla strada la situazione non cambia di molto, tanta gente con le mascherine abbassate a coprire il collo, appese ad un’orecchia o avvolte al gomito. Insomma tanta gente non sembra credere molto al virus. A volte pensa ad una leggera forma di influenza, ma in fondo la mascherina nemmeno Trump se l’era mai messa, fino a poco tempo fa.

La verità è che a Miami in particolare, ma pure a Broward , a Palm Beach , a Orange , Duval o Pinellas non c’è tanto rispetto per il virus. Si pensa a ballare, festeggiare, lavorare ma poco a difendersi. Solo i senior lo fanno, gli altri davvero poco. Ed allora, secondo i dati ufficiali della John Hopkins University, i tassi di positivi in Florida hanno superato il 17%.

Non c’è coda per fare i test gratuiti al Centro di Miami Beach, mentre invece di coda se ne trova molta al venerdì mattina nella zona della Little Haiti dove si regalano ogni volta 500 casse di alimenti. Perchè se è vero che la Florida è il posto di lusso per svernare dei ricchi nuiorchini è anche vero che tanti lavoratori rimasti senza lavoro hanno dovuto inventarsi molto per mangiare mattina e sera. Gli aiuti del governo, 275 dollari a settimana, sono fra i più bassi tra tutti gli Stati americani. Negli ultimi quattro mesi i lavoratori disoccupati ufficiali hanno ricevuto da altre parti 600 dollari settimanali. Ora il nuovo pacchetto dovrebbe essere di 400 dollari, ma per lo 'Stato del sole' i soldi saranno ancora meno e il virus purtroppo no. Ma in fondo ai floridiani, innamorati delle spiagge, sembra non interessare più di tanto.   

 

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