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Covid, il Brasile di Bolsonaro è allo stremo senza farmaci e ventilatori

Covid, il Brasile di Bolsonaro è in una situazione di guerra 

Il Brasile di Bolsonaro è, per la pandemia, in una situazione di guerra. San Paolo, la città più ricca del paese, ne riflette benissimo la drammaticità. Gli ospedali della città, che ha il sistema sanitario più solido di tutto il Brasile, sono da tempo al limite, senza letti in terapia intensiva e pazienti che devono essere trasferiti da altre parti. Senza dimenticare la mancanza di farmaci per intubare i pazienti e con grande carenza di ventilazione meccanica per aiutarli a respirare. E nella sanità pubblica, le prospettive non sono migliori. I farmaci, al momento, sembrano bastare soltanto per 20 giorni.

680.000 casi e più di 20.000 morti per Covid nella città di 12,3 milioni di abitanti. "Se il tasso di contagi rimane lo stesso, anche se aumentassimo migliaia di posti letto al giorno non ce la faremmo. L’unica soluzione è sensibilizzare la popolazione" dicono molti sanitari, ma certo è che il  comportamento negazionista del Presidente Bolsonaro, fin dall’inizio non ha aiutato i brasiliani.

Covid, Bolsonaro ha sbagliato completamente approccio 

Bolsonaro ha sbagliato totalmente l’approccio così come fatto da Donald Trump. Ricchi e poveri adesso pari sono, perchè la diffusione del virus è così alta che colpisce pubblico e privato nello stesso modo. “È una situazione molto complessa. Tutti i letti in terapia intensiva sono occupati da un numero elevato di casi giornalieri. Non abbiamo la pandemia sotto controllo, al contrario. Questo genera più domanda e, con i letti occupati, questa nuova domanda non può essere soddisfatta. Oggi i letti in terapia intensiva rimangono occupati più a lungo di prima ”, dicono le associazioni dei sanitari. E ha fatto molto rumore la morte di un paziente di 22 anni perchè non si è riusciti a trovargli un letto e nemmeno la ventilazione necessaria.

E’ anche un grave problema trasferire pazienti tra ospedali privati, perchè anche lì è evidente la carenza di letti di terapia intensiva. Nello studio condotto da SindHosp sul 25% degli ospedali privati ​​convenzionati con il sindacato (93 centri) ha mostrato che solo il 50% dichiara di avere la capacità di aumentare il numero dei posti letto e l'82% ha già più del 91% dei posti occupati. Problemi anche a garantire cure adeguate: pochi farmaci per intubare i pazienti e carenza di équipe specializzate.

L'assistenza sanitaria privata ammette di avere limitazioni sia per espandere che per mantenere la struttura esistente. Ha anche difficoltà a garantire lo stock di farmaci per sedare i pazienti intubati e di farmaci che fungono da bloccanti neuromuscolari, necessari affinché il paziente non "combatta con il ventilatore" e respiri alla velocità della ventilazione meccanica. Ci sono farmaci che hanno aumentato il prezzo di quasi il 900%. Il rifornimento è difficile. Il problema è anche quello che questi farmaci, nonostante siano prodotti in Brasile, dipendono dall'importazione di materie prime dall'India e dalla Cina. Un altro problema è la difficoltà nel garantire apparecchiature specializzate per la terapia intensiva. Insomma un continente ancora in piena pandemia e con il virus assolutamente fuori controllo.

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