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Da Thatcher a Meloni, l'Europa del futuro ha una sola forma: ecco quale

Da Thatcher a Meloni, l'Europa del futuro ha una sola forma

Molti qui in Italia lamentano che nella campagna elettorale per le prossime elezioni europee si parli poco di temi europei e troppo di faccende di casa nostra. Non è una novità, sono decenni che le elezioni europee in Italia vengono utilizzate soprattutto per regolare interni alle coalizioni o come succedaneo alle elezioni nazionali. Ma in questo caso, vista l’importanza della posta in gioco, tutti sono ormai d’accordo nell’affermare che è proprio in Europa dove si decidono sempre più i destini dei singoli paesi. All'Unione europea, pur con tutti i suoi grandi difetti, ora tocca per forza di cose un ruolo che mai in precedenza aveva avuto. E i temi non possono più vertere sul calibro delle zucchine o sulle quote latte o altre amenità del genere. Ora per forza di cose i temi sono quelli che devono riguardare la difesa comune, la politica estera, la difesa dei confini dall'invasione della immigrazione irregolare, la politica industriale. Il fatto è che su questi temi cruciali e su come li si debba affrontare la confusione regna sovrana.

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C’è chi addirittura vorrebbe che si creasse una sorta di super stato in grado di cancellare secoli di tradizioni, identità e sovranità nazionali in nome di una federazione di Stati come negli Stati Uniti o nella confederazione elvetica. Esiste addirittura un partito, quello di Matteo Renzi e di Emma Bonino, che porta nel suo stesso simbolo la definizione di Stati uniti d’Europa. Una questione che l’Ecr della premier Meloni, e non solo, da sempre considera come una vera e propria aberrazione. Come spiega molto bene Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, e meloniano di ferro “secondo noi l’Unione Europea dovrebbe fare meno, ma fare meglio. Dovrebbe tornare alla sua idea originale: un’alleanza di nazioni che si occupa di poche cose ma importanti. Esattamente il contrario di quello che è accaduto. Si è occupata di tutto tranne che, per esempio, di proteggere i confini europei dall’immigrazione illegale, proteggere il mercato interno dalla concorrenza sleale cinese, ecc…”.  De Gaulle, in una conferenza stampa del 15 maggio 1962, diceva: “Non ci può essere altra Europa che quella degli Stati; tutto il resto è mito, discorsi, sovrastrutture. “Gli Stati sono le sole entità che abbiano il diritto di ordinare e il potere di essere obbediti”. Tuttavia, nel corso degli anni, i successivi passi verso una maggiore integrazione (il rafforzamento dei poteri del parlamento, la creazione di un elettorato europeo, la ratifica del trattato di Lisbona sulla riforma) hanno fatto sì che il concetto di Europa si spostasse sempre più verso l'opzione dello Stato federale. Un altro orientamento di fondo della sua politica consisteva nel fare dell’Europa una “terza forza”, fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. L’Europa, da sola, doveva essere in grado di gestire le relazioni internazionali, contribuendo a garantire la stabilità internazionale.

Ma la discussione su quella debba essere la forma migliore per la Unione europea, è da sempre assai dibattuta, divisa equamente tra chi chiede maggiore integrazione a scapito della sovranità nazionale e chi invece propone una forma di confederazioni di Stati, che delegano poche grandi questioni ad una entità sovranazionale come la Ue. A tal proposito potrebbe essere assai illuminante un discorso tenuto nel lontano 1988 dall'allora premier di ferro della Gran Bretagna, Margaret Thatcher, ormai unanimemente considerata (ad eccezione di qualche solito bastian contrario di sinistra forse) come una dei più grandi statisti europei degli ultimi cinquant’anni. Un discorso lucidissimo che aveva in sé tre concetti principali, che sono ancora attualissimi, dopo quasi quaranta anni. “La cooperazione attiva e volontaria tra Stati sovrani indipendenti- diceva la Thatcher- è il modo migliore per costruire una Comunità Europea di successo. Cercare di sopprimere le nazionalità e concentrare il potere al centro di un conglomerato europeo sarebbe altamente dannoso e comprometterebbe gli obiettivi che cerchiamo di raggiungere. L’Europa sarà più forte proprio perché ha la Francia in quanto Francia, la Spagna in quanto Spagna, la Gran Bretagna in quanto Gran Bretagna, ciascuno con i propri costumi, tradizioni e identità. Sarebbe follia cercare di costringerli in una sorta di personalità europea tipica.” Insomma in poche parole la stessa tesi, portata avanti con forza dalla premier Giorgia Meloni e dai suoi con forza e convinzione. Ma è più avanti che il discorso della Thatcher assume la valenza di una sorta di musa ispiratrice per la premier e i suoi: “Io sono la prima a dire che in molti grandi temi, i Paesi europei dovrebbero cercare di parlare con una sola voce. Io voglio vederci lavorare più strettamente sulle cose che possiamo fare meglio insieme che da soli. L’Europa è più forte quando lo facciamo, sia che si tratti di commercio, di difesa o delle nostre relazioni con il resto del mondo. Ma lavorare a più stretto contatto non richiede che il potere sia centralizzato a Bruxelles o le decisioni siano prese da una burocrazia designata.

Anzi, è ironico che, proprio quando i paesi, come l’Unione Sovietica, che hanno cercato di fare tutto in modo centralizzato, stanno imparando che il successo dipende dal potere disperso e dalle decisioni prese lontano dal centro”. Il secondo principio dell'ex leader inglese si focalizzava sul mercato come stella polare, adducendo la tesi secondo cui le politiche comunitarie devono affrontare i problemi presenti in un modo pratico, per quanto difficile possa essere. “Se non siamo in grado di riformare le politiche comunitarie che sono palesemente sbagliate o inefficaci e che giustamente causano inquietudine pubblica, allora non potremo ottenere il sostegno dell’opinione pubblica per lo sviluppo futuro della Comunità.”  Infine il discorso di Bruges si sofferma sull'importanza di difendere i confini, ma senza con questo dover abolire le frontiere.

“Naturalmente, noi vogliamo rendere più facile per le merci attraversare le frontiere. Naturalmente, noi dobbiamo rendere più facile per le persone viaggiare in tutta la Comunità. Ma è una questione di semplice buon senso che non possiamo assolutamente abolire i controlli alle frontiere se vogliamo anche proteggere i nostri cittadini dalla criminalità e fermare il movimento di farmaci, di terroristi e degli immigrati illegali.” Insomma anche questo storico discorso dimostra la veridicità di quanto affermava Alcide De Gasperi, quando chiosava che “ i politici pensano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni”.






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