"Il piano di Trump per Gaza ha un approccio colonialista e razzista, dall'economia al tech: ecco i reali obiettivi del tycoon" - Affaritaliani.it

Esteri

Ultimo aggiornamento: 18:46

"Il piano di Trump per Gaza ha un approccio colonialista e razzista, dall'economia al tech: ecco i reali obiettivi del tycoon"

Parla l’analista geopolitico Elia Morelli

di Federica Leccese

Gaza e il piano Trump: obiettivi nascosti e scenari futuri secondo l’esperto

Dopo l’approvazione del piano del presidente statunitense Donald Trump per il cessate il fuoco a Gaza da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, restano molti dubbi sulla sua reale efficacia: è davvero un passo verso una pace duratura o solo un’iniziativa simbolica? A fare chiarezza è Elia Morelli, ricercatore di storia all’Università di Pisa, analista geopolitico e saggista, che ad Affaritaliani evidenzia le ambiguità del piano e il reale obiettivo del tycoon, che punterebbe a “trasformare Gaza in un hub economico e tecnologico, sfruttando le risorse energetiche locali”.

Quali effetti concreti avrà l’approvazione del piano Trump da parte dell’ONU? Rappresenta davvero un passo verso una pace duratura?

“Con l'approvazione del piano Trump, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riconosce la dichiarazione di intenti presentata dal presidente degli Stati Uniti, finalizzata a consolidare il cessate il fuoco attraverso una serie di azioni. Tra queste, completare la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri da entrambe le parti e chiedere a Hamas di disarmarsi e rinunciare al controllo della Striscia di Gaza, che sarebbe affidata a un’amministrazione tecnica palestinese ad interim sotto la supervisione di un consiglio di pace guidato dallo stesso Trump.

Viene inoltre autorizzato il dispiegamento di una forza di sicurezza internazionale incaricata di garantire l'ordine, gestire lo smistamento degli aiuti umanitari e avviare la ricostruzione della Striscia. Tuttavia, il piano contiene anche termini vaghi e compromessi, che non garantiscono una risoluzione effettiva del conflitto. Si fa solo riferimento a una futura possibilità di Stato palestinese, subordinata a riforme nelle autorità palestinesi e alla ricostruzione avanzata di Gaza. Solo allora potrebbe iniziare un percorso verso l’autodeterminazione e il riconoscimento della statualità palestinese.

L'efficacia concreta del piano è stata messa in dubbio sia dall’opposizione israeliana, guidata dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dai membri più estremisti del suo governo, sia da Hamas, che ha respinto la risoluzione affermando che non soddisfa i diritti politici e umanitari del popolo palestinese.”

Cosa significa l'astensione di Russia e Cina e quale messaggio vogliono trasmettere?

“Le posizioni di Cina e Russia riflettono la volontà di cavalcare il sentimento anti-occidentale diffuso in molte parti del mondo. Mosca, nei giorni scorsi, aveva presentato una bozza alternativa che non menzionava la smilitarizzazione di Gaza, non riconosceva il consiglio di pace per l’amministrazione transitoria palestinese presieduto da Trump e affidava al Segretario Generale dell’Onu la gestione della forza internazionale, togliendola a Washington.

Attraverso le astensioni, Pechino e Mosca vogliono mostrare solidarietà con la causa palestinese, sottolineare la distanza dall’Occidente e rafforzare la loro influenza geopolitica in Medio Oriente e oltre, presentandosi come difensori di un popolo oppresso.”

Trump punta davvero a rendere Gaza prospera o dietro il piano ci sono interessi economici e geopolitici?

“Il piano Trump per Gaza ha un approccio colonialista e razzista, considerando i palestinesi come oggetti da spostare secondo necessità. Dietro ci sono però importanti interessi economici e geopolitici. L’obiettivo più ampio degli Stati Uniti è ridisegnare l’architettura securitaria regionale, rafforzando la supremazia militare e tecnologica di Israele e normalizzando i rapporti bilaterali con altri Stati arabi, in particolare l’Arabia Saudita, come previsto dagli Accordi di Abramo.

Washington punta a trasformare Gaza in un hub economico e tecnologico, sfruttando le risorse energetiche locali e il corridoio infrastrutturale che collegherebbe India, Penisola Arabica, Mediterraneo ed Europa. Al centro del piano ci sono quindi interessi strategici ed economici più che una reale volontà di prosperità palestinese.”

Quale futuro si prospetta per la Striscia di Gaza e quali scenari sono possibili?

“Il primo scenario, altamente improbabile, prevede il pieno successo del piano Trump, con un autogoverno palestinese funzionale alla ricostruzione e relazioni pacifiche con Israele. All’estremo opposto, si ipotizza la ripresa della guerra come prima, scenario improbabile perché Israele appare stanco e diviso al suo interno.

Lo scenario più verosimile è un conflitto a bassa intensità permanente: la parte orientale della Striscia, controllata da Hamas e densamente popolata, diventerebbe un campo profughi permanente, con rifornimenti controllati da Israele, Egitto e via mare. La parte occidentale rimarrebbe sotto controllo militare israeliano.

Questa situazione provocherebbe tensioni interne a Israele, purghe tra le fazioni palestinesi e aumento della polarizzazione in Cisgiordania, dove gli insediamenti sionisti stanno espandendosi, concentrando la popolazione palestinese in alcune città principali.

Infine, altri focolai di tensione includono la parte meridionale del Libano, la Siria e la possibile presenza turca nella Striscia. In sintesi, il conflitto rischia di diventare sistemico e multilivello, con più attori regionali coinvolti.”

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