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Esteri
Germania, è morto Helmut Kohl, il padre della Riunificazione tedesca

Helmut Kohl è morto stamane nella sua casa di Ludwigshafen. Lo ha riportato per prima la Bild, l'ultimo quotidiano ad averne pubblicato un'intervista, quando la salute del cosiddetto 'cancelliere della riunificazione' era già molto precaria. La notizia è stata poco dopo confermata anche dalla Cdu su Twitter. Dal 2008 l'ex cancelliere che governò la Germania dal 1982 al 1998 era costretto alla sedia a rotelle e un ictus aveva compromesso enormemente la sua capacità di parlare. Ma Kohl, che era nato 87 anni fa nella Renania-Palatinato, lo stesso Land da cui provenivano gli avi di Donald Trump, non è mai stato un grande oratore.

E' stato invece il cancelliere che nel 1989, suscitando sulle prime l'ira funesta di Margaret Thatcher, la reazione spaventata di Michail Gorbaciov e le resistenze della Spd, approfittò della caduta del Muro di Berlino per imprimere un'accelerazione alla riunficazione delle due Germanie. Celeberrima la sua indignazione quando l'allora presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, commentò che "amiamo talmente la Germania che preferiamo averne due".

Ma lui, a poco più di un mese dalla caduta del Muro, avvenuta il 9 novembre del 1989, fece un celeberrimo discorso al Bundestag in cui già prefigurava un'unità tra le due patrie rimaste divise per mezzo secolo dalla Cortina di ferro. Persino il suo fedelissimo ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher, cadde dalle nuvole. Chi sostenne sempre le sue scelte fu il suo ministro dell'Interno, un certo Wolfgang Schaeuble. Secondo lui, la riunificazione andava fatta anche per un motivo pratico: i cittadini dell'Est "stavano votando con i piedi", stavano emigrando in massa a Ovest. La vecchia Ddr, in quei mesi cruciali, rischiava di dissanguare senza una prospettiva di unità.

Quella riunificazione, come hanno scritto decine di storici, ha avuto un prezzo. L'allora presidente francese, François Mitterrand, temeva il ritorno di una "grande Germania" sul palcoscenico europeo, dunque negoziò con Kohl la rinuncia al marco e un'accelerazione dell'integrazione europea e dell'adozione dell'euro.

Non una scelta facile: il 'nano politico e militare' d'Europa, la Germania che si era resa colpevole di sei milioni di ebrei morti nella Seconda guerra mondiale, si era concessa un solo simbolo di potere, dal '45 in poi: il marco. Ma Kohl la fece digerire ai tedeschi in cambio della chiusura della ferita più dolorosa: le due Germanie. Peraltro, per imporre quella che gli economisti reputarono una follia, il cambio uno a uno tra marco dell'est e dell'ovest, Kohl perse il sostegno della 'sacra' Bundesbank.

Un giorno, raccontano i biografi di Margaret Thatcher, il cancelliere tedesco la portò sul duomo di Strasburgo e le disse con aria sognante: da qui si vede tutta l'Europa. Il leader cristianodemocratico è stato anche uno degli europeisti più convinti della storia. Un europeismo che non è riuscito a trasmettere, si lamentano da anni i politologi, alla sua allieva più famosa, la pupilla che era emersa da dietro il Muro proprio nell'anno tumultuoso della Riunificazione per mai più lasciare il suo fianco: Angela Merkel. Soprannominata da lui "das Maedchen", "la ragazza", Merkel divenne più volte ministro nei suoi governi, poi segretario del partito. Se ne separò soltanto nel 2000. Per i biografi del cancelliere, con una coltellata.

Quando scoppiò lo scandalo dei fondi neri della Cdu, alla fine degli anni Novanta, Kohl si rifiutò di fare i nomi dei finanziatori. La bufera rischiava di travolgere i cristianodemocratici e Angela Merkel scrisse nel 2000 una lettera alla Frankfurter Allgemeine Zeitung in cui sostenne che bisognava prendere le distanze da Kohl per salvare il partito. Il cancelliere perse la sua ultima battaglia e trascinò con sé anche il suo delfino, Wolfgang Schaeuble. Angela Merkel cominciò la sua irresistibile ascesa verso la cancelleria, che conquistò cinque anni dopo.

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