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Esteri

Gorbaciov funerali: lunga fila di persone a rendergli omaggio. Putin assente, ma cerimonia organizzata dal servizio di protocollo del Cremlino

Alle esequie di Michail Gorbaciov - che si svolgono a Mosca - c’è una lunga fila di persone, circa 2000. Tra i capi di Stato stranieri solo quello ungherese Viktor Orban che in gioventù –  incredibilmente- fu un estimatore del riformismo e della democrazia.

La cerimonia non è di Stato, Putin non è presente, ma è stata comunque organizzata dal servizio di protocollo del Cremlino a significare che l’impegno del Cremlino, anche se non completo, c’è.

Una cerimonia in semi-sordina voluta dal Cremlino che ne avrebbe fatto volentieri a meno nel bel mezzo della guerra con l’Ucraina.

Da notare che il luogo dove si svolge la cerimonia è nella sala delle Colonne dei sindacati di Mosca, dove si sono tenute tutte le esequie dei leader sovietici.

In questi giorni Putin ha espresso il suo personale cordoglio per la scomparsa dell’ex leader visitando il feretro e depositando un mazzo di rose rosse. Tuttavia il portavoce del Cremlino ha dichiarato che Gorbaciov è stato un ingenuo nei confronti dell’Occidente. La scomparsa di Gorbaciov ha riportato a galla tematiche che parevano sopite ma che in realtà giacevano incompiute nel frigo della Storia.

Gorbaciov, la perestroika e la fine dell'Unione Sovietica

Michail Gorbaciov ha segnato un punto di assoluta cesura tra due epoche. Le date sono quelle del 25 ottobre 1917 e il 25 dicembre 1991.
La prima data segna la presa di potere da parte di Lenin la seconda l’abdicazione di Gorbaciov con l’ammainamento della bandiera rossa sovietica dai pennoni del Cremlino.

Il giorno dopo Boris Eltsin avrebbe dichiarato disciolta l’Unione Sovietica.

Il comunismo è durato 74 anni e ha cambiato il corso della Storia.

L’artefice forse involontario della sua fine fu proprio Gorbaciov che arrivò ad essere Segretario del Partito comunista dell’Unione sovietica dopo Černenko, un oscuro burocrate che aveva a sua volta sostituito Andropov, ex presidente del KGB.

L’elezione di Gorbaciov fu in un certo senso la logica conclusione di una crisi economica che l’URSS non riusciva più a reggere. Gli USA infatti, tramite l’azione di Ronald Reagan, avevano prodotto una impressionante accelerazione della corsa agli armamenti di cui rimane esemplificazione lo “scudo spaziale”. Questo costrinse l’’Unione Sovietica a seguirli in una zona impervia che produsse ulteriori restrizioni economiche per la vita quotidiana dei suoi cittadini.

Gorbaciov era quindi la logica conseguenza di questo stato di cose. La sua perestroika (“ricostruzione”) e la sua glasnost (“trasparenza”) furono il tentativo di modificare il comunismo ma il processo gli sfuggì di mano e alla fine Gorbaciov si ritrovò con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e del suo impero.

L’uomo delle riforme non valutò fino in fondo le conseguenze della sua azione e soprattutto la scaltrezza dei suoi oppositori interni come Eltsin che ebbero facile gioco sui suoi ideali.
Gorbaciov è stato un leader molto amato in Occidente ma molto poco in patria dove è considerato la causa della perdita di un impero. In questo contesto si sono inserite due dichiarazioni importanti e storicamente rilevanti.

Gorbaciov, il giudizio di Occhetto e D'Alema

La prima è quella di Achille Occhetto, l’ultimo segretario del Partito comunista italiano, che ha dichiarato che Gorbaciov è stato un “uomo di pace” che con la sua azione riformatrice ha cambiato la storia del mondo.

E non poteva che dire così l’uomo della svolta della Bolognina che iniziò la trasformazione del PCI in un partito social democratico, riconoscendo tutte le storture dell’esperienza del socialismo reale.

Più articolata e complessa l’analisi di Massimo D’Alema, ex premier e ministro degli Esteri, che ha detto esplicitamente, in una intervista a La Stampa. Una dichiarazione pesante che sembra avallare quanto Putin e il Cremlino hanno detto in questi giorni parlando di una “ingenuità” di Gorbaciov nei confronti dell’Ovest.

D’Alema afferma che: "Gorbaciov, diciamoci la verità, contava sul fatto che l'Occidente lo avrebbe aiutato, cosa che invece non avvenne. L'Occidente utilizzò Gorbaciov ma lo lasciò affogare consapevolmente. Mitterrand aveva addirittura ipotizzato la messa in opera di una sorta di piano Marshall per la Russia, ma gli americani non ne vollero sapere. Gorbaciov fu lasciato a sé stesso".

Dunque l’ex premier italiano individua non tanto nel vago concetto di “Occidente” la responsabilità del fallimento del piano di Gorbaciov quanto proprio negli Usa che non diedero gli aiuti economici promessi, anche se non formalmente.

Infine D’Alema individua la catena di eventi che hanno portato a Putin: "Forse se in quel momento l'Occidente vincitore avesse interpretato in modo più generoso la sua vittoria, avrebbe contribuito a una evoluzione diversa. Invece ha aperto la strada a Eltsin e cioè ad un capitalismo selvaggio che ha creato in Russia una drammatica crisi sociale, una ristretta oligarchia e un senso di frustrazione e di declino. Tutto ciò alla fine ha generato Putin”.

Le parole di D’Alema – che di quegli anni fu protagonista - sono un formidabile J'Accuse all’Occidente.

Ma da oggi la cronaca lascia il posto alla Storia.

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