Esteri
Interpretazione, volontà e rappresentazione: la strategia di espansione cinese

In un saggio anticipato da Le Monde, numeri ed evidenze della strategia di potenza messa in atto da Pechino
E lo dicono i numeri, accuratamente riportati da Le Monde: quasi 54.000 “chercheurs” reclutati da Pechino fra il 2008 e il 2016, per infiltrare i propri gangli all’estero e reperire informazioni di prima mano, oltre ad altri 20 milioni (repetita iuvant, 20 milioni!) di contatti più o meno direttamente riconducibili a Pechino e che – a oggi – per Pechino lavorano.
Una costellazione di aderenze, insomma, radicate nel tessuto produttivo attraverso basi cosiddette “boites aux lettres” che, utilizzando imprese civili note come CHBC, trasmettono informazioni a Oriente, senza tanti complimenti o patemi. Ed è proprio questa sua realizzata capacità di penetrazione e di oggetiva influenza a fare della Cina un avversario tanto temibile, coadiuvata in questa sua crociata orwelliana dai progressi esponenziali sortiti in tema di Intelligenza Artificiale (come si è visto anche per la campagna elettorale a Taiwan nel 2020).
Una minaccia che richiederebbe e richiede un fronte comune e unito di tutti quei Paesi che si richiamano alla Cultura del Diritto, nonché alla propria identità storica. Un tessuto che la Cina comunista cerca di spazzare via, sfruttando le rivalità più o meno grandi insite fra quelle Nazioni che dovrebbero, invece, fare massa critica contro il Dragone. Divide et impera, recita un noto adagio latino, e l’alter-ego di questo blocco coalizzato è il fronte comune promosso dalla Cina: un’accozzaglia miscellanea dove per colpire l’avversario si sfruttano i nemici del proprio nemico (“nemici di secondo grado”, scrive Le Monde), considerati dal Dragone poco più di “utili idioti”.
È questa la prospettiva cui vuole ridursi l’Occidente? Serve una presa di coscienza immediata, un sussulto degli spiriti e l’improcrastinabile messa in atto di un concreto progetto di Difesa comune, europea prima di tutto. Se non vogliamo essere travolti d agli eventi, dall’egemonica volontà altrui, in un momento storico in cui, tra l’altro, la presa dell’Afghanistan con la concomitante saldatura fra Cina e Talebani rischia di aprire (e forse ha già aperto) un pericoloso corridoio. Attraverso il quale il Dragone dilagherà ancor più fra noi.