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Esteri
Israele, 75 anni fa la nascita dello Stato. Una storia scritta con il sangue
(foto Lapresse)

Poi arriva la Grande Guerra, l'epoca della relativa tolleranza tramonta e tutti gli scenari si complicano. Senza stare a ricostruire quello che accade intorno al Mediterraneo, soprattutto sul fronte della Mezzaluna Fertile, basti sapere che per l'attuazione del progetto sionista, fino a quel momento rimasto allo stato embrionale e considerato di difficile attuazione, intervengono due elementi nuovi che inaspettatamente ne decreteranno la riuscita. 

Il primo è l’accordo segreto Sykes-Picot, siglato nel 1916 fra Gran Bretagna e Francia, in base al quale le due potenze definiscono le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente in caso di sconfitta dell’Impero Ottomano. In quel frangente, per favorire il Movimento Sionista, la Gran Bretagna ottiene il controllo della zona del Levante, inclusa la Palestina. Una scelta fortemente “orientata” dal memorandum intitolato “Il Futuro della Palestina” nel che il politico liberale Herbert Samuel, primo ebreo ad essere ammesso nel governo, fece circolare all’interno del gabinetto britannico. Nel documento sosteneva che i tempi per fare della Palestina “la casa degli ebrei” non erano ancora maturi e che sarebbe stato “altamente raccomandabile fare in modo che venisse annessa nell’Impero Britannico” descrivendo la scelta “come la migliore delle soluzioni per la piena riuscita dei disegni sionisti” e auspicando che sotto gli inglesi “un numero crescente di ebrei sarebbe arrivato a popolare la regione”. Nel 1920 Herbert Samuel sarebbe stato nominato primo Alto Commissario per la Palestina. 

La seconda è una lettera dell'allora ministro degli esteri inglese Lord Arthur James Balfour, datata 2 novembre 1917, indirizzata al banchiere barone Lionel Walter Rothschild, passata alla storia come Dichiarazione Balfour, e dietro la stesura della quale c’era l’abile e machiavellico contributo di Chaim Weizmann, futuro primo presidente di Israele. 

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