Esteri
L’Etiopia vuole il porto eritreo di Assab: una miccia pronta a esplodere
La strategia del premier Abiy Ahmed per ottenere una base navale nel Mar Rosso rischia di destabilizzare il Corno d’Africa.

Eritrea, il porto di Massawa

Eritrea, Il primo ministro Abiy Amed nel 2018 visita il porto di Assab con il presidente Isaias Afwerki

Eritrea, il porto di Massawa

Eritrea, Mar Rosso

L’Etiopia vuole il porto eritreo di Assab: una miccia pronta a esplodere
Dal 2023 l’Etiopia ha innescato una questione geopolitica pericolosa per l’intero Corno d’Africa: la richiesta di avere un territorio, appartenente ad un paese vicino, per stabilirvi una base navale.
Il premier Abiy ha persino minacciato possibili azioni militari qualora i negoziati in merito fallissero, sostenendo che “150 milioni di persone, numero previsto per il 2030, non possono stare in una prigione geografica”.
Un punto di vista non condiviso dai paesi confinanti disposti a permettere all’Etiopia l’utilizzo dei loro porti per scopi commerciali, ma fermamente contrari a cedere porzioni del proprio territorio.
Interessante, in questo contesto, l’analisi di Debesai Tesfu, studioso eritreo, che ne evidenzia le criticità, analizzando alcuni articoli pubblicati dalla ricercatrice etiopica Blen Mamo Diriba, affiliata all’Istituto per gli Affari Esteri. I temi da lei trattati sono principalmente tre. Il primo è la negazione da parte dell’Etiopia del dato geografico riguardante l’Eritrea, ovvero la presenza di una lunga linea costiera, con relativi accessi al mare. Segue la convinzione secondo cui l’Etiopia avrebbe un “interesse strategico” all’accesso marittimo. Infine, la proposta perché si arrivi a un “trattato con l’Eritrea” che, sotto supervisione internazionale, regoli l’uso dei suoi porti.
Per il premier Abiy Ahmed la conquista di un porto e l’accesso alla costa sul Mar Rosso sono imprescindibilmente legati alla supremazia dell’Etiopia. Ritiene che il paese più grande e popoloso del Corno d’Africa debba possedere un porto, a tutti i costi.
La ricercatrice etiopica si spinge oltre, ipotizzando la possibilità che l’Etiopia si “riprenda” Assab. La tensione è palpabile già nel titolo di uno dei suoi articoli: “potrebbe Assab diventare la Crimea d’Africa?”.
Nell’articolo, poi rimosso dal web, Blen Mamo Diriba legittima, o quanto meno contempla, una riannessione unilaterale di Assab da parte dell’Etiopia, sull’esempio dell’occupazione russa della Crimea nel 2014. Il punto centrale del paragone è il passaggio dal piano commerciale a quello della sovranità territoriale. Non più trattati o diritto marittimo, ma conquista militare.
Espressioni come “autonomia eritrea” o “sovranità eritrea” ricorrono spesso nei suoi scritti.
Per comprenderne appieno il significato occorre fare un passo indietro.
Negli anni Cinquanta l’Eritrea perse ogni forma di autonomia, prima con la federazione imposta dalle Nazioni Unite, poi con l’annessione forzata da parte di Hailè Selassiè. Per riconquistare l’autonomia necessaria a costruire il proprio Stato, l’Eritrea ha dovuto combattere trent’anni, (1961-1991), prima contro l’imperatore, poi contro la giunta militare del Derg di Menghistu Haile Mariam. Il 24 maggio 1991 è infine diventata uno stato sovrano, con un territorio delimitato da confini coloniali, che comprendono i porti di Assab e Massawa.
Blen Mamo Diriba affronta anche la questione dell’accesso al mare proponendo un possibile “trattato bilaterale con l’Eritrea”, fondato sui principi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Cita una clausola per cui l’Etiopia potrebbe avere i porti, senza tuttavia intaccare la sovranità eritrea, grazie a una cosiddetta “interfaccia marittima”.