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Esteri
Pyongyang, arrestato un cittadino Usa: prima crisi di ostaggi per Trump

Scoppia la crisi dell’ostaggio fra Stati Uniti e Corea del Nord. Anzi degli ostaggi: tre cittadini americani sono detenuti dal regime di Kim Jong-un. Di questi però uno solo è stato arrestato ieri, si chiama Tony Kim, mentre gli altri sono casi che durano da tempo. C’è di che far salire ancora di più la tensione già ai massimi: è di queste ore l’ultima minaccia lanciata da Pyongyang che si dice pronta a scatenare la guerra nucleare e ad “annientare la Uss Carl Vinson”, la super-portaerei americana che – con una settimana di ritardo dall’annuncio di Donald Trump – si dirige verso la penisola coreana.

La notizia dell’arresto del cittadino americano, avvenuto venerdì, è stata data ufficialmente dai diplomatici svedesi: in mancanza di relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, è Stoccolma a rappresentare gli interessi americani in caso di bisogno, e soprattutto per emergenze come questa. L’arrestato ha passaporto Usa ma è di origine coreana come traspare dal cognome Kim, il più diffuso, non a caso lo stesso della dinastia di dittatori comunisti di Pyongyang. Com’è già accaduto in casi precedenti, appartiene ad una chiesa protestante evangelica. Gli evangelici hanno un’ampia rete di missionari in tutta l’Asia, compreso in regimi totalitari come la Cina e la Corea del Nord. Svolgono attività di ogni tipo, spesso a fini umanitari. Non di rado le autorità non vedono di buon occhio la loro presenza e li accusano di proselitismo. In Corea del Nord (a differenza dalla Cina) vige l’ateismo di Stato e qualsiasi propaganda religiosa è considerata un crimine.

Secondo i diplomatici svedesi Tony Kim è stato arrestato mentre stava per imbarcarsi su un volo in partenza da Pyongyang. Per un mese lui aveva insegnato contabilità alla Pyongyang University of Science and Technology (Pust), come ha confermato all’agenzia Reuters il rettore di quella università, Chan-Mo Park. Cinquantenne, Tony Kim usa anche il suo nome originario Kim Sang-duk. Aveva anche svolto lavoro di volontariato in un orfanatrofio. L’università Pust è la succursale nordcoreana di un ateneo che si trova in Cina, la Yanbian University of Science and Technology (Yust). All’origine ci sono gli evangelici, che hanno aperto la facoltà di Pyongyang nel 2010. Un’istituzione tollerata dal regime nonostante vi si insegnino materie tabù, per esempio i principi dell’economia di mercato: ma questo può avere una spiegazione col fatto che il comunismo nordcoreano ha avviato una (molto) lenta e (molto) timida introduzione di elementi di mercato, anche su consiglio dei cinesi. 

Non è la prima volta che tra Corea del Nord e Stati Uniti scoppia una crisi degli ostaggi. Spesso con tipologie analoghe, cioè cittadini Usa di origine coreana accusati di proselitismo religioso, propaganda, spionaggio. In altre crisi intervennero come mediatori di ex presidenti americani, Jimmy Carter e Bill Clinton: in quei casi il regime comunista usò gli ostaggi per strappare concessioni economiche ed anche visite di alto livello (come appunto gli ex presidenti Usa) che in qualche modo davano legittimità al governo di Pyongyang.

Prima ancora dell’arresto di Tony Kim, c’erano due americani prigionieri che la Corea del Nord non ha mai rilasciato. Tutti e due vennero arrestati sotto l’Amministrazione Obama. Otto Warmbier, studente di 22 anni, fu arrestato nel gennaio 2016 e condannato a 15 anni di carcere con l’accusa di avere tentato di rubare una bandiera. Kim Dong Chul, missionario coreano-americano di 62 anni, fu arrestato nel marzo del 2016 e condannato a 10 anni di carcere con l’accusa di “attività sovversive”. L’ultimo rilascio di un cittadino americano avvenne nel 2014, si trattava del missionario di origine coreana Kenneth Bae.

L’arresto di venerdì avviene in un contesto nuovo: è la prima crisi di ostaggi per Donald Trump, e segue di poche settimane le sue minacce di “risolvere la questione nordcoreana da solo, se non lo fa la Cina”. Prima ancora che venisse resa nota la notizia dell’arresto di Tony Kim, la Casa Bianca aveva fatto sapere che oggi Trump avrà due telefonate coi leader delle due maggiori potenze di quell’area, il presidente cinese Xi Jinping e il premier giapponese Shinzo Abe.

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