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Esteri
Russia, 20 anni di Putin al Cremlino. E potrebbe restarci altrettanti

Il presidente russo, Vladimir Putin, compie martedì 31 dicembre 20 anni dal suo arrivo al Cremlino: un ventennio in cui è passato dalla collaborazione costruttiva con l'Occidente dei suoi primi anni al potere a un aperto antagonismo con gli Usa e l'Unione Europea nell'ultimo decennio. E i suoi 'primi' 20 anni da presidente della Russia si sono chiusi con una sorta di dichiarazione di vittoria nella corsa agli armamenti mai esplicitamente lanciata, ma di fatto in atto con gli Stati Uniti: entrano in servizio, questa settimana, i missili ipersonici Avangard, definiti dallo stesso Putin "invincibili". "L'Urss doveva mettersi in pari" con l'Occidente, ha sottolineato il presidente parlando con i vertici militari "oggi abbiamo una situazione unica nella storia moderna: sono loro che provano a rincorrere noi".    

L'era Putin, però, era partita con la proposta di far entrare la Federazione Russa nella Nato, proposta formulata dal neo leader del Cremlino all'allora presidente Usa Bill Clinton, in una cena del giugno 2000, solo sei mesi dopo essere stato scelto da Boris Eltsin - la notte del 31 dicembre 1999 - come suo successore alla guida del Paese. Le aperture dell'ex agente del Kgb vennero, però, frustrate da quella che Putin ha sempre visto come una mancanza di rispetto e considerazione da parte dell'Occidente. Il suo obiettivo, da lì a breve, diventa riportare la Russia tra le potenze che contano a livello mondiale, un player da temere e con cui gli Usa siano costretti a trattare da pari a pari. Sul piano geopolitico, la missione si può dire compiuta: nell'ultimo summit a Parigi sull'Ucraina, Putin dominava nella sala in cui siedevano la cancelliera tedesca Angela Merkel, ormai alla fine della sua carriera politica e il presidente francese Emmanuel Macron, alle prese con un massiccio movimento di proteste a casa e impegnato a convincere la Nato a smettere di vedere la Russia come un nemico. Se si allarga l'orizzonte, il Regno Unito - altro membro chiave della Nato - sta uscendo dalla Ue, mentre Mosca ha rafforzato i suoi legami con la Cina, annesso la Crimea dall'Ucraina, dato una svolta al conflitto in Siria, venduto sistemi di difesa missilistici a un Paese chiave della Nato come la Turchia e stretto accordi su armi e petrolio con un alleato degli Usa come l'Arabia Saudita. Mosca è di nuovo protagonista in Medio Oriente e sta espandendo la sua influenza in Africa, per la prima volta in decenni: in Libia è ormai interlocutore imprescindibile per una soluzione del conflitto.    

In 20 anni alla guida del Paese, Putin ha cambiato profondamente la Russia, legandola indissolubilmente al suo nome, tanto da rendere difficile pensare a una sua uscita di scena alla scadenza naturale di questo suo quarto e ultimo mandato, nel 2024.

I successi sull'arena internazionale, però, si scontrano con le difficoltà sul piano interno, dove in 20 anni di potere non è riuscito ad affrancare il Paese dalla pericolosa dipendenza dagli idrocarburi, lanciando le necessarie riforme economiche. I suoi primi quattro anni (2000-2004) iniziano proprio col rimettere in piedi la Russia dall'interno. Il Paese, solo due anni prima, era andato in default e si avviava alla ricerca di una nuova identità dopo i 70 anni del regime sovietico, la sregolatezza e libertà degli Anni ’90, quando l'agognata libertà aveva portato anche profonda povertà e instabilità. I temi al top della sua agenda in quegli anni furono la guerra contro i separatisti in Cecenia e gli oligarchi dell’era Eltsin, interessati a espandere la loro influenza politica. Con la seconda guerra cecena, Putin si conquista il titolo di “uomo d’azione”, ma la Russia è accusata di violazione dei diritti umani e successivamente la Corte di Strasburgo condanna Mosca per le violazioni del diritto alla vita. A luglio del 2000, stringe un patto informale con i miliardari russi: non avrebbe interferito con il loro business o rinazionalizzato le risorse di Stato da loro acquisite, se si fossero tenuti fuori dalla politica. Mikhail Khodorkovsky, allora uomo più ricco di Russia e patron della società petrolifera Yukos, infrange il patto: nel 2003, viene arrestato per frode e il suo caso si chiude solo dopo 10 anni di carcere, quando Putin lo grazia, costringendolo all’autoesilio. In politica estera, in questo primo mandato, si distingue per essere, nel 2001, il primo ad aver telefonato a George W. Bush e offrirgli aiuto dopo l’11 settembre e, nel 2005, anche il primo leader russo a visitare Israele. Appena salito al potere, la tragedia dell’affondamento del sottomarino Kursk - nell’agosto del 2000 - lo catapulta sotto i riflettori della stampa mondiale e lo espone a forti critiche interne per la gestione della crisi.      

Il secondo mandato consecutivo inizia nel 2004 (fino al 2008). Continua a concentrarsi sulle questioni interne e inizia a stringere la presa sui media. Il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno di Putin, la reporter Anna Politkovskaya, famosa per i reportage sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia, viene uccisa nel suo condominio a Mosca. Il Cremlino nega ogni coinvolgimento, sminuendo il ruolo e l’incisività della giornalista. Poche settimane dopo, a Londra, viene ucciso con polonio radioattivo la ex spia russa dissidente, Aleksandr Litvinenko. Uno dei momenti più drammatici di questi anni è il sequestro di Beslan, quando a settembre 2004, terroristi ceceni prendono in ostaggio maestre, genitori e bambini, finché non irrompono le teste di cuoio in un blitz, che fa oltre 330 morti, soprattutto tra i piccoli alunni, e mette sotto accusa l’operato di Mosca.

Durante i suoi primi due mandati, il Pil russo aumenta del 70% e gli investimenti crescono del 125%. La crisi economica del post-comunismo è ormai alle spalle e Putin, a capo di un immenso Paese ricco di idrocarburi, cavalca l’era del super-barile.    Nel 2008, impossibilitato dalla Costituzione a ricandidarsi, facilita la salita al potere del delfino Dmitri Medvedev, allora primo ministro. Arriva, però, la crisi finanziaria globale. L’economia russa, dipendente dagli investimenti esteri, ne risente particolarmente e si scopre troppo legata agli idrocarburi. I due leader nelle elezioni presidenziali del 2012 si scambieranno di nuovo le poltrone, suscitando però l’indignazione di parte della società russa, che scende in piazza per mesi, chiedendo un cambiamento e un sistema politico più aperto. Il terzo mandato di Putin (2012-2018) inizia tra accuse di brogli e manipolazioni. Questa volta rimarrà al Cremlino sei anni invece di quattro, perché nel frattempo è stata cambiata la Costituzione. Alle Olimpiadi invernali di Sochi, fortemente volute dal presidente - che vede nello sport un'altra arma politica - coincidono con la destituzione del presidente ucraino Viktor Yanukovich sulla scia di massicce proteste di piazza. Putin spiazza il mondo e annette la Crimea, con un referendum popolare mai riconosciuto dalla comunità internazionale. La mossa russa fa scattare sanzioni internazionali, a cui Mosca risponde con l’embargo su molte categorie di prodotti alimentari importate dall’Occidente e rilanciando la sua alleanza con la Cina, per uscire dall’isolamento. Il 2015 è l’anno del primo intervento militare russo fuori dai suoi confini in decenni: a settembre, entra in guerra in Siria a fianco del presidente Bashar al-Assad. A gennaio 2017, dopo l’elezioni a sorpresa di Donald Trump alla Casa Bianca, l’intelligence statunitense pubblica un rapporto secondo cui il Cremlino ha ordinato una campagna per favorire la vittoria di Trump, screditando la democratica Hillary Clinton. Putin nega le accuse, chiedendo prove concrete. L'inchiesta sul Russiagate negli Usa si chiuderà, poi, senza le prove di collusione tra la campagna elettorale del magnate e il Cremlino, ma la rivelazione di una fitta rete di contatti. Il 7 luglio 2017, incontra il nuovo presidente Usa per la prima volta a margine del G20 di Amburgo. La luna di miele che doveva scattare tra i due non si è mai realizzata e i rapporti tra i due Paesi, anche a causa del Russiagate, si fanno solo più tesi tra nuove sanzioni, espulsioni di diplomatici, chiusure di consolati e frizioni in Siria. Il 6 dicembre 2017, Putin annuncia quello che tutti da tempo aspettavano: la sua candidatura al Cremlino per un quarto mandato, l'ultimo salvo cambi alla Costituzione.

"Se si paragona la Russia di oggi a quella del 2000 è sicuramente in una posizione migliore", ha commentato a Bloomberg Thomas Graham, funzionario incaricato delle politiche sulla Russia nelle due amministrazioni di George W. Bush, "ma se guardiamo ai prossimi 10 anni, la domanda è come manterrà tutto questo?".I successi all'estero vanno di pari passo con la crescita di rischi politici ed economici dovuti al rigido sistema piramidale di governo su cui si regge l'immenso Paese. La Russia ha un bilancio in surplus, un debito relativamente basso e detiene riserve di valuta estera e oro tra le più grandi al mondo, ma anche un sistema economico poco efficiente dominato dalla forte presenza statale. "Il Pil non è la misura di tutte le cose in economia", fa notare il direttore del Carnegie Center di Mosca Dmitri Trenin, "molto importanti sono la resilienza dell'economia, la sua capacità di assorbire forti choc, il basso debito estero, la capacità del Cremlino di mobilitare la società davanti a minacce esterne".  La popolarità di Putin ha subito l’anno scorso il primo significativo calo sulla scia dell’impopolare riforma delle pensioni. Come e se perpetuare il 'putinismo' senza Putin dopo il 2024 è una domanda che non avrà facile risposta. 

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