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Esteri
Sanzioni, per abbattere la Russia ci vogliono 5 anni. Intanto paga l'Europa

Sanzioni alla Russia: funzionano davvero?

Il tema è entrato, come era ovvio, anche nella campagna elettorale italiana: ma le sanzioni alla Russia comminate dopo l'invasione dell'Ucraina stanno causando problemi a Mosca oppure all'Europa e all'Italia stessa? Sono intervenuti in molti sull'argomento, ma ora c'è anche qualche numero in più a confortare una tesi: l'Europa è in grande difficoltà e per ora la Russia è stata sì colpita, ma non affondata. E "rischia" di poter in qualche modo restare in piedi.

Attenzione alla sentenza dell'Economist, il prestigioso settimanale britannico: "L'efficacia di questo embargo è fondamentale per l'esito della guerra in Ucraina. Ma rivela anche molto sulla capacità delle democrazie liberali di proiettare il potere a livello globale verso la fine del 2020 e oltre, anche contro la Cina. È preoccupante che finora la guerra delle sanzioni non stia andando come ci si aspettava".

Dallo scorso febbraio Usa, l'Europa e i loro alleati hanno scatenato una raffica di divieti senza precedenti che riguardano migliaia di imprese e individui russi. Metà dei 580 miliardi di dollari di riserve valutarie della Russia sono congelati e la maggior parte delle sue grandi banche sono tagliate fuori dal sistema globale dei pagamenti. L'America non compra più petrolio russo e l'embargo europeo entrerà pienamente in vigore a febbraio. Alle imprese russe è stato impedito di acquistare prodotti, dai motori ai chip. Oligarchi e funzionari devono affrontare divieti di viaggio e congelamento dei beni.

Le sanzioni possono abbattere la Russia ma solo nel giro di 3-5 anni

Ma i risultati veri sembrano potersi ottenere solo sul medio lungo periodo. Secondo l'Economist solo dopo tre-cinque anni, l'isolamento dai mercati occidentali potrebbe causare scompiglio in Russia. Entro il 2025 un quinto degli aerei civili potrebbe essere bloccato per mancanza di ricambi. Gli aggiornamenti delle reti di telecomunicazione sono in ritardo e i consumatori sentiranno la mancanza dei marchi occidentali. 

Nel breve termine, il colpo di grazia all'economia russa che molti si attendevano non si è materializzato. Il PIL della Russia si ridurrà del 6% nel 2022, secondo l'FMI, molto meno del calo del 15% che molti si aspettavano a marzo. Le vendite di energia genereranno un surplus delle partite correnti di 265 miliardi di dollari quest'anno, il secondo più grande al mondo dopo la Cina. Dopo un periodo di crisi, il sistema finanziario russo si è stabilizzato e il Paese sta trovando nuovi fornitori per alcune importazioni, tra cui proprio la Cina. Anche il rublo è riuscito a rimbalzare doppo la botta iniziale.

Le mosse più efficaci sono state per ora, secondo l'Economist, il blocco alle esportazioni. La produzione manifatturiera russa è scesa del 7% tra dicembre e giugno, trainata dal settore automobilistico (calo del 90%), farmaceutico (25%) e delle apparecchiature elettriche (15%). A maggio la Russia ha alleggerito gli standard di sicurezza per consentire la produzione di auto senza airbag e freni antibloccaggio. La carenza di chip sta ostacolando l'emissione di nuove carte di plastica su mir, il sistema di pagamento nazionale. La mancanza di imbarcazioni specializzate potrebbe ostacolare i piani di perforazione dell'Artico della Russia; la scarsità di tecnologia e know-how stranieri potrebbe persino rallentare l'estrazione di petrolio e gas di vecchia concezione. E, segnala sempre il settimanale britannico, anche le industrie di base, come l'estrazione e la raffinazione dei metalli, sono crollate.

Il conto salato per l'Europa

Il problema è che nel frattempo il prezzo potrebbe essere salato per l'Europa, con una crisi energetica che potrebbe innescare una recessione. I prezzi del gas naturale sono aumentati in questi giorni di un ulteriore 20% a causa della stretta sulle forniture da parte della Russia. Mettere un tetto ai prezzi sarebbe l'arma forse definitiva contro Mosca, ma per ora sembra inattuabile anche per l'opposizione della Cina. E il dialogo che era in corso sul tema tra Washington e Pechino è stato bloccato a causa del viaggio di Nancy Pelosi a Taiwan. 

I problemi per l'Europa non saranno solo sul prezzo del gas, ma anche per la necessità di aumentare le spese in materia di difesa. Sempre secondo l'Economist, la guerra ha messo in evidenza quanto poco equipaggiamento militare l'Europa possa mettere a disposizione per soccorrere l'Ucraina e quanto molti Paesi siano impreparati a difendere il proprio territorio. E più la guerra si prolunga e più i governi europei dovranno aumentare la spesa di settore per davvero e non solo sulla carta.

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