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Esteri
Transgender nell'esercito, il Pentagono ignora l'ordine di Trump

È bastato un tweet per scatenare le polemiche e le proteste in tutto il Paese, ma non è sufficiente a far cambiare il regolamento in vigore. L'annuncio diffuso ieri dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sul social network con il quale manifestava l'intenzione di cancellare un'altra delle iniziative del suo predecessore Barack Obama, decidendo che le persone transgender non potranno essere accettate nelle forze armate americane, ha scatenato la rabbia di centinaia di persone che, indignate, hanno protestato da una parte all'altra dell'America: da New York a Washington, fino a San Francisco.

Armate di bandiere arcobaleno, hanno urlato slogan e frasi all'indizzo del capo della Casa Bianca, decise a far pervenire al presidente il loro messaggio: "Le vite dei transgender non sono un peso". La decisione di Trump, infatti, è stata motivata dal fatto che la presenza dei transgender nell'esercito comporta costi troppo elevati e troppi disagi, mentre le forze armate devono concentrarsi sulla vittoria.

Ma 140 caratteri sono troppo pochi perché la regola cambi. Il Pentagono, che aveva tolto il divieto sui transgender un anno fa, anche se le norme per permettere il loro reclutamento non erano ancora state rese effettive, non ha intenzione di fare passi indietro senza un ordine formale. Il generale Joe Dunford, capo degli Stati maggiori congiunti, ha quindi ordinato a tutti i soldati e ufficiali di ignorare la messa al bando dei transessuali in armi annunciata ieri solo via Twitter dal 'commander in chief', Donald Trump.

Dunford ha precisato che l'attuale politica di apertura ai transessuali, decisa dall'ex presidente Barack Obama nel 2016, resta in vigore fino a quando Trump non darà un ordine formale al Pentagono e al ministro della Difesa, James Mattis.

Il capo degli Stati maggiori congiunti non si è fermato qui: Dunford ha di fatto sfidato Trump perché, in un 'memo' interno, ha difeso il lavoro svolto dai transessuali in uniforme: "Nel frattempo, continueremo a trattare tutto il nostro personale con rispetto - ha scritto Dunford -. Alla luce della nostra attuale lotta e alle sfide che stiamo affrontando, resteremo concentrati sul compimento delle missioni che ci sono state assegnate".

Il 1 luglio Mattis ha sospeso per 6 mesi l'ingresso di nuove reclute transessuali, per avere più tempo per studiare eventuali problemi relativi alla loro integrazione con il resto dei soldati. Uno stop temporaneo, che non ha nulla a che vedere con quanto vorrebbe Trump, cioè vietare loro per sempre di indossare l'uniforme.

Sono circa 11mila, stando a uno studio commissionato dal dipartimento della Difesa, i transgender in divisa. Secondo dati raccolti dalla Rand corporation, i processi di transizione costerebbero al dipartimento della Difesa tra i 2 e i 4 milioni di dollari all'anno e, nello stesso periodo, il Pentagono spende circa 6 miliardi di dollari in spese mediche per i membri attivi delle forze armate.

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