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Ambiente: nel 2050 oceani puliti, ma servono misure urgenti

Ambiente: nel 2050 oceani puliti, ma servono misure urgenti

Pur essendo ridotti a pattumiere di rifiuti plastici, gli oceani dimostrano di avere una elevata resilienza che potrebbe portare alla loro piena rigenerazione entro il 2050, ma per salvarli servono provvedimenti rapidi sia ambientali che climatici. In piena pandemia di Covid-19 dagli scienziati arriva una buona notizia sullo stato di salute presente e futuro degli oceani, in una ricerca pubblicata sulla rivista Nature. Lo studio, rilanciato dalla Bbc, evidenzia da una parte danni agli ecosistemi marini riscontrati negli ultimi 50 anni e ormai sotto gli occhi di tutti, tra cui lo sbiancamento della barriera corallina, l’estinzioni di alcuni pesci e specie marine, l’inquinamento diffuso non solo da plastica. Le situazioni di maggior degrado sono state riscontrate nel Mediterraneo, “vero cestino”, in vaste zone del sud-est asiatico, in India e nel golfo del Messico. Dall’altra, però, i ricercatori hanno riscontrato una resilienza eccezionale dei mari manifestatasi con il recupero di intere popolazioni, habitat ed ecosistemi come risultato di diversi programmi di conservazione messi in campo da alcuni governi.

Diminuiscono specie marine a rischio, aumentano le aree protette

L'Unione internazionale per la conservazione della natura (Uicn) ha confermato che la proporzione di specie marine a rischio estinzione è diminuita, passando dal 18% nel 2000 all’11,4% nel 2019, mentre le aree marine protette sono aumentate dallo 0,9% al 7,4%. Tra le storie di successo, quella delle megattere migrate dall’Antartide all’est dell’Australia – da poche centinaia di esemplari nel 1968 a 40.000 oggi – le lontre di mare nell’ovest del Canada, cormorani e sigilli grigi nel Mar Baltico. “Sappiamo cosa dovremmo fare per ricostruire la vita marina e abbiamo prove che questo obiettivo possa essere raggiunto entro tre decenni. Richiede un'accelerazione dei nostri sforzi e una loro attuazione in aree in cui gli sforzi sono attualmente modesti” ha detto alla Bbc l’autore principale della ricerca, Carlos Duarte, professore di scienza marina alla King Abdullah University of Science and Technology a Thuwal, in Arabia Saudita. “La scienza ci dà motivo di essere ottimisti sul futuro dei nostri oceani, ma al momento non stiamo facendo abbastanza nel Regno Unito o a livello globale” ha aggiunto il co-autore Callum Roberts, professore dell’Università di York.

Le nove componenti fondamentali per ricostruire gli oceani

I ricercatori hanno identificato nove componenti che sono fondamentali per ricostruire gli oceani: saline, mangrovie, alghe marine, barriere coralline, alghe, scogliere di ostriche, pesca, megafauna e oceano profondo. Tra le azioni necessarie da mettere in campo gli studiosi raccomandano una protezione rafforzata delle specie, una cattura inferiore dei pesci, il ripristino degli habitat e lo stop dell’inquinamento con rifiuti di plastica. Ma l’efficacia di questi interventi non potrà prescindere dalla lotta al riscaldamento globale,  responsabile dell'aumento dei livelli dei mari, delle acque più calde e acide, con una perdita di ossigeno dannosa a numerose specie e habitat. “Se non affrontiamo i cambiamenti climatici e non aumentiamo l'ambizione e l'immediatezza di questi sforzi, rischiamo di sprecare i nostri sforzi” ha avvertito Duarte. Un altro fattore decisivo sarà quello finanziario: ricostituire la vita marina costerà tra 10 e 20 miliardi di dollari l’anno per i prossimi 30 anni. Tuttavia, evidenzia lo studio, ogni dollaro investito avrà un rendimento medio previsto di 10 dollari. A causa della pandemia di Covid-19 slitta di un anno la cruciale conferenza Onu sul clima, la Cop26, in agenda a Glasgow il prossimo novembre. Come conseguenza del confinamento globale il livello di inquinamento sta diminuendo ma, avvertono esperti Onu, è un calo solo temporaneo che non influisce sul riscaldamento globale.

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