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Energia, l’idrogeno verde come nuova frontiera per un’Europa pulita

L’idrogeno sarà un elemento fondamentale per gli obiettivi di neutralità carbonica fissati dall’Europa entro il 2050. Ma di che cosa si tratta? Come si produce?
2020, un anno dalle molteplici e variegate sfumature. Non solo in campo economico, sanitario e culturale, bensì energetico. Al centro del dibattito pubblico mondiale si è reso protagonista un piccolo e leggero elemento chimico: l’idrogeno. Un gas incolore e inodore che, in base a quanto previsto dal Green Deal europeo, si imporrà nel processo di decarbonizzazione, portando l’Unione alla neutralità carbonica entro il 2050.
Energia, idrogeno: ma di che cosa si tratta?
Ma esattamente di che cosa si tratta? L’idrogeno è un elemento chimico caratterizzato da tre “più”: è il più abbondante, il più semplice e il più leggero presente in natura. Si trova in circa il 70% della superficie terrestre e nella totalità delle materie organiche, si presenta formato da solo da un elettrone e un protone ed è 14 volte più leggero dell’aria. Non è presente in forma pura, ma sotto forma di altri composti (H20 e CH4 metano).
Si tratta di un gas non tossico, salito alla ribalta del dibattito pubblico come il “combustibile efficiente”. Questo perché? Come rivela l’ultimo report pubblicato da H2IT- Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile – l’idrogeno è un vettore energetico che non genera emissioni di CO2. E se prodotto da fonti rinnovabili attraverso il processo di elettrolisi dell’acqua è privo di emissioni sia carboniche che inquinanti anche nella sua produzione, trasformandosi non solo in un vettore pulito ma anche verde.
Ma non è tutto. L’idrogeno è un combustibile che presenta un alto grado di versatilità: si può usare per la mobilità di merci e persone, come materia prima nelle industrie, come combustibile nei processi ad alta temperatura, o come sostituito ai combustibili fossili per la produzione di energia e calore, generando, attraverso due tipologie di processi, emissioni a impatto zero.
Energia, idrogeno: il vettore "verde" e versatile
Un vettore versatile e “pulito” che però, come ricordato in principio, in natura si trova solo legato ad altri elementi, non in forma pura. Serve dell'energia per ricavarlo, e in base al tipo di modalità estrattiva, può presentarsi in tre colori: verde, grigio e blu. L’idrogeno verde, fondamentale per i processi di transizione energetica, viene prodotto mediante processi con emissioni di CO2 molto basse, nulle e “carbon neutral”. Quello grigio è prodotto da gas naturale o da carbone, le cui emissioni possono considerarsi rilevanti. Mentre quello blu è a basse emissioni di CO2 , ed è generato utilizzando fonti non rinnovabili come il nucleare oppure da gas naturale tramite la cattura di anidride carbonica.
Nel complesso l’idrogeno si impone quindi come una valida frontiera di transizione a determinate condizioni: se verde o al massimo blu, ma non grigio. Una soluzione che, come sottolinea il report di H2I, offre la possibilità di decarbonizzare i processi industriali e i settori energetici in cui la riduzione delle emissioni di carbonio è urgente e difficile da ottenere.
Energia, idrogeno: la strategia Ue
La versatilità e le caratteristiche “uniche” di cui gode l’idrogeno possono così contribuire al raggiungimento “sostenibile” degli ambiziosi obiettivi climatici imposti dall’Europa: arrivare a un taglio del 60% delle emissioni entro il 2030 e alla neutralità carbonica entro il 2050. Secondo le stime della Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking – partnership pubblico-privata nata dalla sinergia tra Commissione europea, industria ed enti di ricerca- riportate dal infobuildenergia.it, l’idrogeno in Europa potrebbe arrivare a rappresentare entro il 2050 il 24% della domanda finale di energia e contribuire a creare 5,4 milioni di posti di lavoro. Una prospettiva perfettamente in linea agli obiettivi di “innovazione” e “competitività” presenti nel Green Deal europeo.
Quel piano tanto importante quanto necessario in cui l’Italia, se disposta a creare una sinergia nazionale, potrebbe ritagliarsi una fetta di primo piano. La conferma arriva anche dal recente studio di H2I, che individua nella presentazione di una strategia ad hoc e una filiera coesa e forte in grado di valorizzare le competenze nazionali, la chiave del successo energetico futuro. “La visione migliore è quella a lungo termine”, caratterizzata da misure programmatiche e investimenti competitivi, in grado di mappare tattiche nazionali e internamente strutturate.