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Fukushima, in mare l’acqua radioattiva: Cina, Corea e Greenpeace non ci stanno
Dopo l'annuncio di Tokyo, arrivano le proteste. Per Cina, Corea e Greenpeace è un "atto irresponsabile". Ma da Enea: "Non c'è da preoccuparsi"
Fukushima, l'annuncio del leader giapponese Yoshihide Suga
Nella giornata di martedì 13 aprile il premier giapponese Yoshihide Suga annuncia in via ufficiale la decisione da parte del governo di rilasciare nell’Oceano Pacifico l’acqua radioattiva conservata nella centrale nucleare di Fukushima. Dallo tsunami del 2011 la manutenzione quotidiana dell’impianto genera l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata che, seppur venga trattata attraverso processi di bonifica, continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno.
L’azienda che gestisce l’impianto, la Tepco, da dieci anni a questa parte accumula più di un milione di tonnellate di acqua in poco più di 1000 serbatoi. Secondo il gestore della centrale, le cisterne infatti raggiungeranno la massima capacità consentita entro l'estate del 2022. Lo sversamento, fa sapere Tokyo, comincerà tra due anni e durerà decenni.
Dopo l'annuncio del leader giapponese Suga arrivano le prime prese di posizioni. Per Greenpeace Giappone "la decisione del governo guidato dal Primo ministro Suga di disporre lo scarico nell’Oceano Pacifico di oltre 1,23 milioni di tonnellate di acqua reflua contaminata ignora completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima e in generale del Giappone e della parte di Asia che si affaccia sul Pacifico". "Il governo giapponese ha ancora una volta deluso i cittadini di Fukushima", dichiara Kazue Suzuki della campagna clima ed energia di Greenpeace Giappone. "
Tokyo ha preso la decisione del tutto ingiustificata di contaminare deliberatamente l’Oceano Pacifico con acqua radioattiva. Ha ignorato sia i rischi legati all’esposizione alle radiazioni che l’evidenza della sufficiente disponibilità di stoccaggio dell'acqua contaminata nel sito nucleare e nei distretti circostanti. Invece di usare la migliore tecnologia esistente per minimizzare i rischi di esposizione a radiazioni immagazzinando l’acqua a lungo termine e trattandola adeguatamente per ridurre la contaminazione, si è deciso di optare per l’opzione più economica, scaricando l’acqua nell’Oceano Pacifico", conclude l'associazione ambientalista.