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Nucleare, al via il dibattito sullo stoccaggio delle scorie italiane

L'annoso problema dello stoccaggio delle scorie nucleari italiane sarà risolto entro la metà del 2022. Mentre impazza il dibattito sul sì o no al nucleare, hanno preso il via oggi i lavori che porteranno a conoscere il sito dove sarà creato il deposito nazionale unico dedicato esclusivamente alle scorie nucleari italiane come richiesto dall'Unione Europea.

Sito che “nessuno voleva ospitare” mesi fa quando si paventò l'ipotesi e che conterrà sia i rifiuti causati dallo smantellamento delle vecchie centrali nucleari italiane che quelli provenienti da medicina, industria e ricerca già presenti sul nostro territorio e quelli che saranno creati nei prossimi 50 anni. Sessantasette i luoghi idonei sparsi in 7 regioni (Piemonte, Lazio, Toscana, Puglia, Sardegna, Sicilia e Basilicata) presi in esame dagli scienziati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Isin), da cui verrà fuori il sito unico che per migliori motivi tecnici, geologici e ambientali ospiterà il deposito. 

Il deposito nazionale sarà gestito da Sogin - la società di stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e medicina nucleare - e avrà una struttura a strati, contenente un parco tecnologico di 40 ettari e due depositi, uno per le scorie a bassa attività, l’altro per i rifiuti a media e alta attività, di 110 ettari complessivi.

In novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati i moduli, grandi contenitori in calcestruzzo speciale, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti già condizionati. 

“Abbiamo applicato criteri di omogeneità su tutto il territorio nazionale – ha spiegato durante l'incontro Fabio Chiaravalli, direttore del deposito nazionale e parco tecnologico Sogin -  e abbiamo escluso tutte quelle porzioni del territorio nazionale che non rispondevano anche a un solo criterio necessario per ospitare il deposito.

Così facendo abbiamo escluso più del 99 per cento del territorio nazionale. Sono rimasti solo quei luoghi da cui usciranno le aree con le quali ci sarà una intesa e da lì andremo a localizzare tutti insieme il sito per il deposito nazionale. Deposito che sarà un impianto passivo e non produttivo e dove tutta quella serie di pericoli potenziali che derivano da un processo produttivo, come incendi o esplosioni, non sussistono. Non sussistono non solo perché sarà garantita la sicurezza ma perché non ci sono le cause che potrebbero scatenare problemi di questo tipo. Il fatto che il deposito possa essere più o meno vicino alle abitazioni non porta rischi per chi ci abita”.

Stando agli studi, le barriere ingegneristiche del deposito e le caratteristiche del sito dove sarà realizzato garantiranno l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente.

L'investimento complessivo sarà di circa 900 milioni di euro e sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM (ex componente A2) della bolletta elettrica, che già oggi copre i costi dello smantellamento degli impianti nucleari.

La parte di investimento relativa ai rifiuti medicali, industriali e di ricerca sarà anticipata e poi restituita all' AEEGSI (Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico) attraverso i ricavi generati dal deposito nazionale e parco tecnologico. 

I lavori per la costruzione del deposito nazionale e parco tecnologico avranno una durata di circa 4 anni dall’individuazione definitiva del sito dove sarà realizzato. 

Saranno nove incontri online, seguibili in diretta sul sito www.seminariodepositonazionale.it, che si concluderanno il 24 novembre e dove ci saranno sessioni nazionali e regionali e a cui farà seguito un periodo di consultazioni di circa 6 mesi come previsto dal decreto legislativo del 2010.

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