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MediaTech
Adidas e Nike che autogol, dai nomi sulle maglie al numero di stelle Usa

Autogol di comunicazione per Adidas e Nike, finite nella bufera, rispettivamente, per la campagna di lancio delle nuove maglie dell’Arsenal e per le sneakers dedicate alla festa americana del 4 luglio.

A partire dalla prossima stagione la squadra di calcio inglese tornerà a vestire Adidas. I Gunners hanno firmato un accordo quinquennale con il marchio di sportswear tedesco, che dovrebbe  fruttare al club 300 milioni di sterline per un totale di 68 milioni di euro all’anno, raddoppiando quanto la cifra incassata fino ad ora dall’accordo con Puma. Per promuovere le maglie della prossima stagione il gruppo tedesco ha iniziato a diffondere un video dedicato ai grandi campioni della squadra, da Ian Wright a Mesut Özil, in bilico tra passato e presente. A completare lo sforzo di comunicazione, dai giorni scorsi, è stata anche una campagna social, con un algoritmo che ha permesso ai tifosi di vedere il nome del proprio account Twitter sulle spalle si una maglia da partita. Numerosi account Twitter creati ad hoc con nomi offensivi (alcuni evocativi di tragedie come l’Olocausto o la strage di Hillsborough) hanno però portato Adidas a bloccare l’iniziativa, per la difficoltà di arginare la diffusione dei messaggi negativi generati dall’intelligenza artificiale.

Lo scivolone di Nike riguarda invece le Air Max 1 Quick Strike Fourth of July, il nuovo modello di sneakers pensato e lanciato per il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza americana. Queste ultime riportano, sul tallone, la riproduzione di una bandiera, la Betsy Ross, usata negli Stati Uniti tra il 1777 il 1795, con 13 stelle disposte a cerchio sul blu. Le stelle rappresentano le Tredici colonie che formarono il primo nucleo degli Stati Uniti a seguito della rivoluzione americana e proclamarono la loro indipendenza il 4 luglio 1776. La bandiera in questione è stata usata anche negli anni recenti da gruppi che inneggiano alla supremazia dei bianchi.

Il primo sottolineare l’errore del colosso dello swoosh è stato, neanche a dirlo, uno dei suoi testimonial, Colin Kaepernick, l’ex quarterback dei San Francisco 49ers, diventato famoso per aver dato origine alla protesta dell’inno prima dell’inizio delle partite di football americano. L’atleta ha detto che la Nike non dovrebbe mai vendere delle scarpe con “un simbolo considerato offensivo per tutti gli afroamericani e le persone civili”.

Immediato il mea culpa di Nike, che ha ritirato le sneakers dal mercato. “Nike – si legge in una nota – ha scelto di non vendere Air Max 1 Quick Strike Fourth of July con una vecchia versione della bandiera americana”.

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