Caso Raoul Bova, Codacons all'attacco: "È un'emergenza sociale, può succedere a chiunque. Ma la soluzione c'è" - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 14:33

Caso Raoul Bova, Codacons all'attacco: "È un'emergenza sociale, può succedere a chiunque. Ma la soluzione c'è"

L'associazione dei consumatori entra a gamba tesa nel procedimento al Garante della Privacy: "Quello che è successo all'attore può capitare a chiunque"

Di Gabriele Parpiglia

Caso Raoul Bova, Codacons all'attacco: "È un'emergenza sociale"

Il Codacons ha deciso di buttarsi a capofitto nel caso Raoul Bova e non si tratta solo di solidarietà verso l'attore finito nel tritacarne mediatico per un audio privato finito sui social, ma di qualcosa di molto più grande.

"Siamo di fronte a una vera emergenza sociale", ci spiegano dall'associazione dei consumatori, che ha presentato un intervento formale nel procedimento aperto dall'attore presso il Garante della Privacy. La storia la conosciamo tutti: conversazioni private di Bova che spuntano sui social, diventano virali in poche ore, vengono riprese perfino da Ryanair per una campagna pubblicitaria.

Il classico incubo dell'era digitale che stavolta ha colpito un personaggio pubblico, ma che domani mattina potrebbe toccare a tutti noi. Abbiamo fatto alcune domande ai rappresentanti del Codacons per capire meglio le ragioni di questo intervento e cosa significa per tutti noi.

Perché avete deciso di intervenire proprio in questo caso?

"Vogliamo chiarire i motivi per i quali il Codacons ha ritenuto necessario esperire il proprio intervento nell'ambito del procedimento instaurato dal signor Raoul Bova. La necessità di tale intervento è dettata dalla circostanza che, ad opinione di chi si occupa di consumatori, i nostri cittadini a breve dovranno affrontare una vera e propria emergenza sociale legata all'utilizzo sconsiderato e privo di regole dei social network".

Cosa rende questo caso così emblematico?

"L'esempio dell'evento che sta vedendo coinvolto il signor Raoul Bova denota aspetti di inaudita gravità non solo perché sembrerebbero esserci tutti gli elementi della violazione di più articoli del codice della privacy, ma anche perché potrebbero essere integrate più fattispecie penalmente rilevanti nei casi di specie".

Il problema riguarda solo i personaggi pubblici?

"Quello che sta succedendo al signor Raoul Bova potrebbe tranquillamente accadere a qualsiasi altro cittadino e consumatore italiano. La circostanza di veder sbattuti i propri messaggi personali su un social network e il fatto che poi questi messaggi siano ripresi ai fini pubblicitari da grandi multinazionali, divenendo contenuti alquanto virali, possono infatti arrecare danni incalcolabili alla persona che si trova ad essere bersaglio di questa tipologia di condotte".

Qual è l'impatto psicologico di queste violazioni?

"I risvolti non sono da inquadrare solo in un'ottica sostanziale e pratica, ma immaginate che cosa può voler dire questo dal punto di vista psicologico: il fatto che le proprie conversazioni di natura squisitamente personale e riservata vengano utilizzate da cani e porci per fini meramente pubblicitari".

Quali soluzioni concrete proponete?

"Ciò che noi chiediamo e che secondo noi deve costituire una priorità per il legislatore è la promulgazione di una normativa che si ponga a tutela della privacy di cittadini e consumatori e che consenta nel giro di meno di 24 ore di bloccare un contenuto che possa anche solo apparentemente costituire una potenziale violazione della propria privacy".

Perché è così importante la tempestività dell'intervento?

"Ricordiamo quello che è il motivo più importante della nostra sollecitazione: un contenuto diventa virale anche in pochi minuti, in pochi secondi o comunque in poche ore e, pertanto, il primo aspetto che deve essere posto in assoluto rilievo è proprio la circostanza che l'unica maniera per salvaguardare i propri diritti in casi del genere è la possibilità di intervenire nel giro di poco tempo, altrimenti diventa tutto completamente inutile".

Che ruolo può giocare il Garante della Privacy?

"Il Garante della Privacy, ovviamente non può sostituirsi al legislatore, ma ha per legge tutti i poteri per promuovere una iniziativa normativa. Questo è fondamentale perché serve un intervento che vada oltre la tutela del singolo caso e si estenda alla protezione dell'interesse diffuso e collettivo della più ampia platea degli utenti e consumatori italiani".

La mossa del Codacons: dal caso Bova alla battaglia generale

Dietro l'intervento del Codacons c'è una strategia precisa. Nel reclamo ufficiale presentato al Garante l'associazione mette nero su bianco una serie di richieste che vanno ben oltre la vicenda dell'attore romano. Il ragionamento è questo: se oggi è toccato a Bova, domani può toccare a chiunque.

Il problema non è più circoscritto ai vip o ai personaggi pubblici. Insomma, con la diffusione capillare dei social e delle app di messaggistica, siamo tutti potenziali vittime. E nel documento ufficiale, il Codacons non usa mezzi termini. Parla di "fenomeno dilagante e sistemico" che colpisce "quotidianamente milioni di utenti digitali".

Quindi non stiamo parlando di casi isolati ma di una vera emergenza. L'associazione cita anche altri precedenti, che dimostrano come la gogna digitale sia ormai diventata un'arma di distruzione di massa delle reputazioni. Ma c'è un passaggio del documento che colpisce particolarmente. Il Codacons paragona quello che sta succedendo sui social alle famose "Kiss Cam" dei concerti dei Coldplay, quelle telecamere che inquadravano coppie tra il pubblico “costringendole” a baciarsi davanti a tutti. Un esempio perfetto di come la spettacolarizzazione della vita privata sia diventata prassi comune.

Le quattro richieste al Garante

Il Codacons non si limita a lamentarsi e nel reclamo presenta quattro richieste concrete:

Primo: trattare il caso come un problema collettivo, non solo come la sventura di un singolo attore. Perché se oggi è Bova, domani può essere chiunque.

Secondo: intervenire subito con provvedimenti d'urgenza per proteggere tutti gli utenti digitali e impedire che si ripetano episodi simili.

Terzo: sollecitare Parlamento e Governo a fare nuove leggi specifiche per social network e app di messaggistica. Perché le norme attuali, evidentemente, non bastano più.

Quarto: lanciare campagne di informazione per educare i cittadini sui rischi del mondo digitale. Perché spesso la gente non si rende nemmeno conto di quanto sia vulnerabile.

Il precedente europeo che cambia tutto

C'è un altro elemento interessante nella strategia del Codacons. L'associazione si rifà a una sentenza della Corte di Giustizia Europea che riconosce alle organizzazioni dei consumatori il diritto di agire per tutelare la privacy anche senza avere un mandato specifico dalle vittime.

In pratica significa che il Codacons può muoversi anche se Raoul Bova non gli ha mai chiesto niente. Può farlo perché rappresenta gli interessi di tutti i consumatori digitali, categoria nella quale ricadono praticamente tutti gli italiani che usano smartphone e social. È una carta importante da giocare, perché permette azioni collettive anche quando le singole vittime magari preferiscono stare zitte o non hanno i mezzi per difendersi.

La sensazione è che il caso Bova sia destinato a fare scuola e non tanto per la vicenda in sé, quanto per le conseguenze che potrebbe avere sul piano normativo. Se il Codacons riuscirà nel suo intento, potremmo vedere presto nuove regole molto più severe per chi gestisce i nostri dati sui social. E francamente, dopo aver visto cosa può succedere a una conversazione privata nell'era di TikTok e Instagram, forse è proprio ora di darsi una regolata.