Rai e minoranza Pd. Tempi nuovi in politica
La minoranza Pd e le nomine Rai. L'analisi
Di Giuseppe Vatinno
Cambiano i tempi in politica; fino a qualche anno fa una cosa come quella avvenuta ieri in Commissione di vigilanza Rai dopo le nomine dei nuovi direttori di testata sarebbe stata uno scandalo nazionale e sarebbe finita per giorni sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali provocando dimissioni a catena mentre ora non ne parla quasi più nessuno, non fa più notizia, un po’ come il marziano di Ennio Flaiano atterrato a Villa Borghese a Roma.
In effetti la politica è sempre più strana e meno decifrabile dalla gente.
Il Pd è un grande partito che solo qualche anno fa ha addirittura superato il 40% però ha una minoranza interna agguerrita ed ostica che appena po’ sferra dei bei calcioni negli stinchi di Matteo Renzi.
Ma ormai, come dicevamo, ci si abitua a tutto e il fatto che i senatori del Pd Miguel Gotor e Federico Fornaro, dopo aver parlato con Roberto Speranza (fatto fuori a suo tempo da Renzi con il classico “ciaone”) annuncino (esattezza necessaria in un Paese come l’Italia che non si mai poi come va a finire) le dimissioni e si lamentino pubblicamente nientepopodimeno di una sessantotesca “occupazione governativa del servizio pubblico” (da pronunciarsi con il pugno chiuso alzato) non desta impressione.
Però un paio di considerazioni sorgono naturali, come si suole dire.
La prima è che la minoranza dem ha chiaro che l’”occupazione governativa” l’ha compiuta, eventualmente, il loro segretario? E poi seconda domanda: ma si sono accorti che siamo nel XXI secolo e non ai tempi della lotta di classe dal lessico marxista?
E soprattutto sorge la terza considerazione: ma se pensano che il loro segretario sia così cattivo, terribile e cinico, perché non smontano le tende? Non è che per avere un po’ di visibilità lucrano sul loro essere “minoranza”? Dopo tutto, sempre meglio di lavorare…