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Piazza Affari, Ferrari -14%: perché l’elettrico non convince
Il titolo Ferrari precipita oltre il 14% e finisce in sospensione: il mercato punisce i nuovi obiettivi al 2030 e il ridimensionamento dell’elettrico al 20% della gamma.



Il paradosso di giornata è tutto qui: mentre Maranello alza l’asticella sul breve, il lungo periodo raffredda gli entusiasmi.
A Piazza Affari, Ferrari scivola di oltre il 14%, viene sospesa per eccesso di ribasso e mette a segno il peggior arretramento dal 2016. La doccia fredda arriva con la guidance 2030, giudicata troppo prudente dagli investitori, dopo una mattinata in cui l’azione era rimasta quasi immobile durante la presentazione dei primi dettagli di Elettrica. Quando si passa ai numeri del piano, però, i desk vendono senza esitazioni.
Nel breve, le notizie non sono negative. Il Cavallino alza la guidance 2025: ricavi attesi ad almeno 7,1 miliardi, profittabilità in ulteriore miglioramento e una politica di remunerazione degli azionisti più generosa. Il dividend payoutsale dal 35% al 40% dell’utile netto rettificato a partire dai risultati 2025, affiancato da un nuovo buyback che, nel perimetro del piano, vale complessivamente circa 7 miliardi tra riacquisti e dividendi, con un programma di riacquisto dedicato da 3,5 miliardi previsto dal 2026. Messaggi che, da soli, non avrebbero fatto deragliare il titolo.
Il nodo vero è l’orizzonte al 2030. Ferrari indica ricavi a 9 miliardi di euro (CAGR vicino al 5%) e EBITDA rettificato di almeno 3,6 miliardi (CAGR intorno al 6%). Numeri solidi per quasi chiunque, ma non per una società a cui il mercato è abituato ad attribuire crescite “da lusso tech”. Gli analisti ricordano che al Capital Markets Day 2022 il passo implicito era più vicino al 10%: la nuova traiettoria segna un downshift che gli investitori hanno letto come cambio di passo sulla crescita strutturale.
A complicare la narrazione, c’è il capitolo elettrico. Dopo mesi di attesa, Elettrica mostra il suo “cuore” tecnologico e un calendario che punta alle prime consegne a fine 2026. Ma il dato che fa rumore è un altro: i modelli full electric peseranno circa il 20% della gamma entro il 2030, molto meno del 40% indicato in origine. Il resto sarà ibrido (circa 40%) e termico (circa 40%). In altri termini, Ferrari sceglie un’elettrificazione più graduale, coerente con il posizionamento di marca ma distante dalle aspettative di chi scommetteva su una transizione più rapida.
È qui che prende corpo l’idea, sintetizzata dai trader con un refrain brutale: “l’elettrico Ferrari non piace”. Più precisamente: non piace questa combinazione di minore esposizione all’EV e di crescita finanziaria più temperata. Il mercato teme che, senza una spinta elettrica più marcata, l’EBITDA 2030 possa non sorprendere a sufficienza, specie dopo anni in cui pricing power e personalizzazioni hanno gonfiato i margini. Nelle note circolate in sala operativa, RBCparla di un CAGR implicito vicino al 6%, “ben sotto” il passo a doppia cifra scontato fino a poche settimane fa. Non un giudizio di condanna, ma un invito a ricalibrare il multiplo.
Il contraccolpo in Borsa non cambia due verità che a Maranello conoscono bene. La prima: la forza del brand resta intatta e la domanda supera l’offerta su gran parte dei modelli, con libertà di prezzo non comune nell’auto. La seconda: la strategia EV di Ferrari è costruita sul controllo della catena del valore e su un’idea di esperienza di guida che rifiuta scorciatoie — dal sound “ingegnerizzato” alle curve di erogazione su misura — sacrificando quote di penetrazione per salvaguardare esclusività e margini. È un equilibrio sottile, ma coerente con l’identità del marchio. Eppure il mercato, oggi, chiede di vedere più accelerazione nella traiettoria al 2030, non solo nel 0-100 dei prodotti.
Nel frattempo, il management prova a tenere insieme le due linee del racconto. Al breve termine, la cassa rafforzata da margini e mix consente di aumentare dividendi e riacquisti, proteggendo il profilo da “quality compounder”. Al medio-lungo, l’introduzione di Elettrica e la crescita della famiglia ibrida dovranno dimostrare che si può espandere il portafoglio senza diluire l’anima. La reazione di Piazza Affari è un segnale: nel gioco della fiducia, anche le aziende più ammirate devono aggiornare il copione per restare all’altezza delle aspettative che esse stesse hanno contribuito a creare.