Ricarica auto elettriche: Lombardia e Roma guidano il pressing sul Governo - Affaritaliani.it

Auto e Motori

Ultimo aggiornamento: 13:07

Ricarica auto elettriche: Lombardia e Roma guidano il pressing sul Governo

Oltre 70.000 punti di ricarica pubblici in Italia. Il settore, dopo 1,8 miliardi investiti, chiede regole chiare e collaborazione per non frenare la transizione.

di Giovanni Alessi

L’Italia delle auto elettriche taglia un traguardo simbolico e concreto: al 30 settembre 2025 i punti di ricarica pubblici sono 70.272, con 2.711 nuove unità nel terzo trimestre e 9.933 negli ultimi dodici mesi.

Il monitoraggio di Motus-Eracconta una rete che si infittisce e che sposta il discorso dalla promessa all’esperienza. L’effetto è visibile nelle città come lungo le direttrici di viaggio: più stalli attivi significano meno ansia da autonomia, più confidenza all’acquisto e un passo in avanti nella transizione energetica.

Autostrade, potenza e continuità di viaggio

Sulla rete autostradale i numeri danno la misura del cambio di passo: i punti installati sono 1.274 (erano 1.057 un anno fa). L’86% degli impianti è di ricarica veloce in corrente continua, e il 63% supera i 150 kW di potenza, soglia che rende realistico un pieno d’energia in tempi compatibili con la sosta. La copertura delle aree di servizio dotate di infrastruttura è arrivata al 48%: quasi una su due. Non è solo quantità, è qualità di servizio, perché la ricarica ad alta potenza riduce la variabilità dei tempi e rende programmabile il tragitto, avvicinando il comportamento della colonnina a quello, culturale prima che tecnico, del rifornimento tradizionale.

La mappa della ricarica: regioni e capitali dell’elettrico

Nel dettaglio territoriale, la Lombardia resta capofila con 14.242 punti (+2.255 in dodici mesi), seguita da Lazio (7.447, +1.230), Piemonte (6.777, +742), Veneto (6.408, +718) ed Emilia-Romagna (5.489, +543). Guardando alle province, Roma guida con 5.881 punti (+962), davanti a Milano (4.970, +971), Napoli (3.120, +241), Torino (3.075, +324) e Brescia (1.843, +79). È una geografia che riflette densità abitativa, attrattività economica e politiche locali: dove i comuni accelerano su piani di infrastrutturazione, la mobilità elettrica diventa abitudine e non eccezione.

Dall’installazione all’allaccio: il collo di bottiglia si assottiglia

Un segnale incoraggiante arriva dagli impianti installati ma in attesa di connessione alla rete: la quota scende al 14%, dal 18% registrato nel terzo trimestre 2024. È la prova che qualcosa si muove negli iter autorizzativi e nelle relazioni con i gestori di rete, ma anche il promemoria di un lavoro da chiudere. Ogni cantiere fermo è un investimento immobilizzato, ogni settimana di ritardo pesa su payback e sostenibilità economica degli operatori. Semplificare le procedure e coordinare i soggetti coinvolti non è un favore alla categoria, è un acceleratore della decarbonizzazione dei trasporti.

La voce del settore: “senza regole chiare la crescita rischia di fermarsi”

“La rete di ricarica italiana ha messo a segno un altro passo avanti, ma sostenere questa crescita è sempre più complicato”, avverte il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, richiamando l’“anomalo ritardo” dell’adozione dei veicoli elettrici in Italia e le persistenti criticità normative, regolatorie e autorizzative. Pressi ricorda gli oltre 1,8 miliardi già investiti dagli operatori e chiede “un maggiore coinvolgimento di tutti gli stakeholder per proseguire e accelerare lo sviluppo di una infrastruttura strategica per il Paese”. Il messaggio è semplice: la rete cresce, ma servono regole stabili, tempi certi e un quadro di convenienza allineato ai principali Paesi europei.

“Ricaricare l’Italia”: cinque leve per non perdere il treno

Il manifesto “Ricaricare l’Italia” mette in fila cinque azioni. La prima è l’allineamento dei costi di approvvigionamento energetico per gli operatori, condizione necessaria per offrire prezzi competitivi alla colonnina. La seconda passa da interventi normativi e regolatori per semplificare le connessioni e dare piena attuazione alla cornice europea, a partire dalla RED III. La terza punta alla copertura totale delle autostrade, perché la continuità di viaggio è la vera discriminante della fiducia. La quarta chiede concessioni di suolo più lunghe, fino a 20 anni, per sostenere il rientro degli investimenti in un settore capital intensive. La quinta invoca una governance centralizzata con strumenti di monitoraggio e pianificazione su cui far convergere dati e scenari di tutti gli attori, così da evitare duplicazioni, colli di bottiglia e deserti infrastrutturali.

Prossima fermata: collaborazione

Dietro i numeri c’è un nodo culturale. La transizione non è un derby ideologico, è un percorso industriale che incrocia filiera automotive, energia e servizi digitali. Servono regole chiare, trasparenza tariffaria, interoperabilità e pagamenti semplici, ma serve soprattutto una collaborazione pubblico-privato che sciolga gli attriti e trasformi gli obiettivi in cronoprogrammi. Con 70.272 punti attivi l’Italia ha superato la soglia che cambia la percezione del viaggio elettrico; per non perdere l’inerzia, la regia deve essere condivisa. Solo così le colonnine diventeranno una normalità capillare, dall’autostrada al quartiere, dalle grandi città ai borghi, e la rete sarà davvero la spina dorsale di una mobilità a zero emissioni competitiva e inclusiva.