Vittori debutta a Miami: hypercar ibrida in 50 esemplari - Affaritaliani.it

Auto e Motori

Ultimo aggiornamento: 06:29

Vittori debutta a Miami: hypercar ibrida in 50 esemplari

Dalla Florida all’Italia, nasce Vittori: una hypercar ibrida in edizione limitata pensata con Pininfarina, prodotta in Italia e destinata a ridefinire l’idea di esclusività.

di Giovanni Alessi

A Miami, sotto il sole che esalta le curve delle carrozzerie come palcoscenico naturale, Vittori sceglie una presentazione senza scorciatoie:

un concept funzionante che segna l’inizio di un percorso ambizioso. La nuova casa automobilistica, con radici tra Stati Uniti e Italia, mette in mostra una hypercar ibrida che fa dell’incontro tra arte e tecnologia d’avanguardia il suo manifesto. La sede è oltreoceano, ma il cuore batte italiano: la produzione avverrà in Italia, nel solco del made in Italy che ha costruito un immaginario globale fatto di qualità, artigianalità e cura maniacale del dettaglio.

Dietro al progetto c’è Carlos Cruz, fondatore e CEO, imprenditore cresciuto tra finanza, tecnologia e intelligenza artificiale. «Il nostro sogno era creare un’auto bellissima e ad alte prestazioni, capace di suscitare emozione», racconta. «Non un’altra supercar, ma qualcosa che desse la sensazione del volo, della scultura, della potenza nelle proprie mani». In quelle parole si legge la direzione: prestazioni, bellezza, controllo e libertà come cardini di un’esperienza che rinuncia ai compromessi e cerca un dialogo nuovo con chi guida.

Per trasformare l’idea in oggetto, Vittori si affida a Pininfarina, icona del design che ha firmato silhouette entrate nella storia, da Ferrari a Maserati. «Collaborare con Vittori a una nuova visione per il mercato delle hypercar è naturale per noi», spiega Giuseppe Bonollo, SVP Mobility di Pininfarina. «Valorizziamo la tradizione del coachbuilding e la capacità di portare esercizi di stile in realtà industriali attraverso soluzioni di sviluppo complete». È un passaggio chiave: non una vetrina di stile fine a se stessa, ma un percorso di ingegnerizzazione che punta alla serie limitata con coerenza produttiva.

Il primo modello, mostrato a ottobre a Miami, sarà costruito in 50 esemplari e animerà il segmento con una ricetta riconoscibile: gruppo propulsore sviluppato da Italtecnica, aerodinamica avanzata e uso spinto di manifattura additiva. Le superfici esterne sono pure, fluide, senza interruzioni superflue, e dialogano con prese d’aria e condotti di raffreddamento integrati; l’alettone posteriore attivo cambia assetto per ridurre la resistenza o aumentare la deportanza a seconda del percorso e dello stile di guida. L’obiettivo non è soltanto la velocità di punta, ma l’efficienza complessiva: caricare il corpo vettura di funzione senza togliere poesia alle forme.

Dentro, la scelta è controcorrente e, proprio per questo, attualissima. L’abitacolo rinuncia al predominio degli schermi per restituire centralità al gesto meccanico: comandi fisici, interruttori e una plancia che favorisce il coinvolgimento. È un ritorno al piacere del controllo diretto, là dove la tecnologia c’è — e tanta — ma non si impone, preferendo restare nascosta finché non serve. La posizione di guida, il disegno del volante, la tattilità dei materiali raccontano una vettura che invita a essere guidata, non soltanto ammirata.

La doppia cittadinanza del marchio  cultura americana dell’innovazione e saper fare italiano  informa ogni scelta. Dall’integrazione strutturale dei componenti in stampa 3D alla sartorialità degli assemblaggi, il progetto cerca un equilibrio tra classicità e sperimentazione. Ne nasce un linguaggio che non insegue le mode, ma prova a dettare una grammatica diversa: la hypercar ibrida come scultura dinamica, fatta per dialogare con la luce e con l’aria, e non soltanto con la pista.

La produzione in Italia è più che una decisione industriale: è una dichiarazione estetica. Significa accedere a filiere dove artigianalità e controllo qualità convivono da sempre con la ricerca tecnologica; significa anche custodire un patrimonio di maestranze che sanno leggere le tolleranze come una partitura. In questo senso la collaborazione con Pininfarina è un ponte fra memorie e futuro: si attinge a un archivio immenso di proporzioni e aerodinamica per spingersi oltre, mantenendo riconoscibile la linea madre del design automobilistico classico.

La scelta di un propulsore ibrido firmato Italtecnica mette in chiaro la visione. C’è l’ambizione di prestazioni assolute, certo, ma c’è anche la volontà di lasciare al pilota un orizzonte ampio di utilizzo, fatto di erogazione corposa, risposta immediata e gestione fine dei flussi energetici. L’ibrido diventa il terreno ideale per legare potenza e fruibilità, efficienza e suono, senza scaricare tutto il peso su una sola tecnologia. È una via al futuro che parla la lingua del presente.

Nel mare affollato delle novità, il debutto di Vittori non sembra chiedere attenzioni: se le prende. Per l’estetica che non urla ma convince, per la promessa di una serie limitata che nasce da un concept già in grado di muoversi sulle proprie ruote, per la chiarezza con cui rivendica la centralità del guidatore. Molte startup rincorrono i record; Vittori prova a fare un passo indietro per farne due avanti, ricordando che l’emozione è un dato di progetto quanto un valore di marketing. È qui che l’arte senza tempo incontra la tecnologia d’avanguardia, senza rinunciare alle forme che hanno reso desiderabile l’auto sportiva italiana nel mondo.

Se questo esordio è un biglietto da visita, il seguito dirà quanto profonda sia la rotta. Per ora resta un’immagine nitida: Vittori come equilibrio tra produzione impeccabile, qualità, artigianalità, estetica e naturalmente velocità. Con Miami come palcoscenico e l’Italia come officina, la nuova hypercar ibrida alza il sipario su un modo diverso di pensare l’esclusività: più colto, più personale, più vicino al gesto del pilota che al rumore della vetrina.