A Monfalcone la sinistra ha smarrito la bussola, il caso Fincantieri e la resa alla destra - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 15:58

A Monfalcone la sinistra ha smarrito la bussola, il caso Fincantieri e la resa alla destra

Le strategie industriali richiedono competenza, non slogan

Fincantieri nel mirino della sinistra, a Monfalcone il lavoro si piega alla propaganda

La sinistra ha smarrito la bussola. Da tempo rincorre la destra sul terreno dell’identità e delle appartenenze, dimenticando valori, radici e ragione. Quella che un tempo parlava a operai e imprenditori oggi sembra piegarsi alle stesse logiche che avrebbe combattuto, accettando categorie e linguaggi della destra anche quando contraddicono uguaglianza, solidarietà e progresso.

Si arriva così al paradosso di un centrosinistra che non si indigna più se la destra decide quali nazionalità siano “accettabili”: come se un lavoratore bengalese valesse meno di un argentino, purché cattolico. E come se bastasse assumerlo direttamente per cambiare qualcosa.

Ultimo caso emblematico: Monfalcone, dove si trova il cantiere navale di Fincantieri. Qui la sinistra locale, invece di difendere il lavoro e l’impresa, pretende di riscrivere i modelli produttivi, chiedendo al Gruppo di modificare appalti, subappalti e perfino strategie industriali in nome di un presunto “equilibrio sociale”. In pratica, si vorrebbe che un colosso internazionale piegasse la propria identità industriale a un’idea politica del lavoro che però non risponde a degli ideali ma a mere convenienze di partito.

È legittimo che un’amministrazione si confronti con una grande azienda, ma è illusorio pensare di riformare dall’esterno una realtà che opera in oltre venti Paesi e genera un impatto economico globale. Le strategie industriali richiedono competenza, non slogan.

Fincantieri, a Monfalcone come altrove, rappresenta una storia di lavoro, integrazione e progresso condiviso: investe in innovazione, sicurezza, formazione e benessere dei dipendenti, introducendo protocolli di legalità, sportelli di mediazione culturale e studiando progetti di social housing. Tutto questo passa sotto silenzio, mentre la sinistra finisce per legittimare la narrazione della destra: che l’origine conti più della competenza.

È una deriva culturale prima ancora che politica. Invece di difendere il lavoro in tutte le sue forme, si finisce per scegliere quali lavoratori siano “accettabili” e quali no. E dietro questa finta contrapposizione tra destra e sinistra c’è solo calcolo: da un lato si accetta la selezione dei contratti per nazionalità, dall’altro si invoca l’assunzione diretta come soluzione magica, dimenticando che i problemi restano gli stessi. 
E che i bengalesi, anche se li assumi, restano bengalesi.

Sul fronte dell’amianto, in questo intreccio di patti di convenienza, la discussione si è trasformata in un terreno di scontro politico più che di tutela concreta. Invece di valorizzare i passi avanti fatti in termini di trasparenza e responsabilità, si preferisce alimentare una contrapposizione sterile che non aiuta né le imprese né i lavoratori.

Monfalcone è diventata il simbolo di una sinistra che si è fatta trascinare nel terreno sterile della propaganda. Una sinistra che non si indigna più, che non difende il lavoro come valore universale, ma come appartenenza. E che, nel tentativo di inseguire tutti, ha finito per non rappresentare più nessuno.