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Politica
Beppe Grillo come Crono: divora i suoi figli Di Maio e Di Battista

Beppe Grillo divora i figli Di Maio e Di Battista

L’idea epica, quasi omerica, che uno si può fare di Beppe Grillo è quella descritta ieri da Alessandro Di Battista che l’ha definito un “padre padrone” alla Gavino Ledda, il rude pastore che spaccava la schiena a bastonate a suo figlio? Cioè Grillo sarebbe un Crono che divora i suoi figli per paura che prendano il suo posto? In effetti, visto quello che è successo ultimamente nel Movimento, l’ipotesi non è poi tanto pellegrina e neppure peregrina.

Da quando è scomparso Gianroberto Casaleggio e con lui il progetto Rousseau, l’ultima sua voluta creatura, i Cinque Stelle hanno perso la loro guida ideologica e Grillo si è sentito assediato dai suoi stessi figli, quei giovani che erano emersi in un processo di selezione naturale crudelmente darwiniano, proprio sotto la supervisione di Casaleggio padre. Luigi Di Maio è stato distrutto mediaticamente ma anche umanamente dal comico genovese che lo ha definito in modo caricaturale, Giggino ‘a cartelletta, Giggino ‘o traditore, Giggino il Re degli Zombie. Ed in effetti Di Maio deve essere stata una grossa delusione per l’Elevato che lo aveva accolto e fatto crescere amorevolmente, anche se rudemente, alla sua corte genovese.

Quel guitto napoletano capiva al volo le cose ed aveva come un radar naturale per le geodetiche, che sono quelle curve di minima distanza per connettere due punti, nel caso in questione per giungere al successo rapidamente. Di Maio, ha avuto vita facile ad emergere anche per il basso livello medio di molti suoi concorrenti, spesso definiti dallo stesso Grillo degli “scappati di casa”, senza né arte né parte. Giggino ha avuto in mano tutto, il partito come capo politico, vicepresidente del Consiglio e doppio ministro nei giallo – verdi, poi ministro degli Esteri nei giallo – rossi ed infine confermato nel governo arcobaleno di Mario Draghi. Purtuttavia ha perso tutto a causa principalmente di scelte sbagliate reiterate e continuate.

Di Maio si è chiuso nei ministeri e non ha ascoltato nessuno dall’esterno circondandosi e assumendo solo amici e compagni di scuola. Inoltre si è fatto sfilare di mano il partito dall’abilissimo Giuseppe Conte, senza combattere. Una condotta scellerata che lo ha perso. A quel punto il comico genovese ha osservato per un po’ quello che accadeva – lui fa così - e poi se l’è pappato in un sol boccone. E così Giggino ‘a cartelletta, senza avere un solo voto suo, se ne è dovuto andare alla ventura nell’ampio oceano dell’imprevedibile.

Identico, alla fine, è stato anche per Alessandro Di Battista che ha tergiversato a lungo sperando che i Cinque Stelle lo riaccogliessero ma – come lui stesso ha dichiarato - “nessuno mi voleva”. Non lo voleva infatti Giuseppe Conte – che non è ingenuo come Di Maio - perché temeva che ficcarsi in casa un incomodo ingombrante come lui avrebbe segnato la sua fine. Non lo volevano i suoi ex colleghi, a cominciare da Roberto Fico suo ex amico, che lo temeva come concorrente interno e non lo volevano i velenosi capetti locali preoccupati di perdere potere. E così anche per lui sono scattate le mandibole dell’implacabile Beppe Crono, Padre fondatore e Padre masticatore.
 

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