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Brunetta e quel vantaggio di immagine e reputazione a Microsoft...
Renato Brunetta (Lapresse)

Renato Brunetta, il progetto del ministro per ridare linfa al lavoro dei travet pubblici

Pronti, via: il progetto del ministro per la Pa, Renato Brunetta, per ridare linfa al lavoro dei travet pubblici attraverso la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze, in primis quelle digitali, vede ai nastri di partenza due digital champion del calibro di Tim e Microsoft. Il ministro ne ha ostentato la partnership con tono trionfante durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, il 10 gennaio scorso. E si è detto “onorato” del contributo dei due “top player tecnologici” che, non a caso, quel giorno erano accomodati di fronte a giornalisti e telecamere accanto a lui, nei sontuosi ambienti di Palazzo Vidoni.  Anzi, “Tim e Microsoft sono apripista con le loro proposte formative”, ha ribadito nella stessa occasione Marcello Fiori, capo dipartimento della Funzione pubblica.

Competenze digitali, Tim in campo

Apripista in ragione di cosa? In base a quali accordi, parametri o criteri? Andando a vedere nel dettaglio, la collaborazione della Funzione pubblica con Tim risale addirittura al febbraio 2020 e a un protocollo d’intesa firmato dall’allora ministra Fabiana Dadone con l’amministratore delegato del tempo, Luigi Gubitosi. Non esiste invece alcun documento simile, convenzione o un qualunque straccio di accordo sottoscritto che abbia giustificato la presenza di Microsoft in conferenza stampa il 10 gennaio quale partner già acquisito. Da Vidoni lo confermano ad Affaritaliani: “Non esiste un protocollo come quello con Tim”. E fanno notare che contestualmente, giusto il giorno della conferenza stampa, e non prima, fu lanciato un avviso per gli operatori di mercato con know-how nel campo della formazione, soprattutto digitale.

“Tutti i player nazionali e internazionali potranno partecipare allo sforzo di riqualificazione della Pubblica amministrazione – spiega infatti il sito istituzionale del ministro per la Pa – mettendo a disposizione, a titolo gratuito, contenuti formativi coerenti con gli obiettivi del Piano, e, in particolare, con il modello di competenze digitali” delineato dal cosiddetto ‘Syllabus’, il documento che descrive l’insieme minimo delle conoscenze e delle abilità digitali che ogni statale deve possedere per dare il suo contributo alla transizione digitale della macchina dello Stato.

Competenze digitali, Microsoft partecipa al bando

Bene, Microsoft prenderà dunque parte a quel bando, come assicurano fonti Pa e come conferma ad Affari la stessa Microsoft: “Partecipiamo all’iniziativa ‘Ri-formare la Pa. Persone qualificate per qualificare il Paese’ attraverso l’adesione alla manifestazione di interesse aperta dal Ministero, mettendo a disposizione corsi e percorsi di formazione in linea con quanto definito dal Syllabus”. Peccato che il bando sia ancora aperto e si chiuda soltanto il prossimo 31 gennaio, per cui accanto a Microsoft potrebbero per esempio avanzare le loro candidature altre big tech del calibro di Amazon o Google, che Brunetta ha più volte evocato come auspicabili partner della svolta digitale della macchina dello Stato.

A questo punto la domanda sorge spontanea: se Microsoft partecipa a un avviso non ancora concluso, perché la sua offerta formativa è già data per acquisita e sbandierata urbi et orbi? E se c’è un’adesione di fatto dell’azienda al progetto di Brunetta, perché farla partecipare al bando? Perché non limitarsi a raccogliere altre sicure adesioni per “via orale” a un progetto strategico e di grande visibilità ed evitare così di sprecare risorse ed energie redigendo un avviso pubblico? È chiaro che colossi dell’It di questa caratura hanno possibilità più che ottime di essere selezionati a seguito della call di Brunetta: ma allora perché il ministro ha dato questo vantaggio di immagine e reputazione a Microsoft rispetto ad altri player come Google, Apple, Amazon o magari soggetti italiani che potrebbero avanzare delle valide proposte formative per i dipendenti pubblici? La forma è sostanza, soprattutto quando c’è di mezzo il funzionamento delle istituzioni. Peraltro, è vero che le big tech partono 'gratis et amore Dei', ma in prospettiva ci sono di mezzo due miliardi in cinque anni messi in campo dal governo per la formazione degli statali, risorse che arrivano dal Pnrr, dai fondi strutturali e dagli stanziamenti nazionali vecchi e nuovi. Non proprio bruscolini.

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