Politica
Dopo voto, viene il "bello": la dura prova di Meloni premier. PD all'angolo

Meloni premier convince la maggioranza assoluta degli italiani (vedi il sondaggio Lab21.01 per Affaritaliani). Pd in totale smarrimento
Dopo voto, adesso viene il “bello”: la dura prova di Giorgia Meloni premier. Pd all’angolo nel labirinto del congresso
Adesso, dopo la rivoluzione alle urne del 25 settembre, viene il bello. Si fa per dire. Una volta tanto è chiaro chi ha vinto e chi ha perso anche se la straordinaria mobilità del consenso – il trionfatore e trionfante M5S sale in una sola elezione dal 5 per cento a sei volte tanto – e il forte disagio espresso con l’astensionismo record rischia di trasformarsi in instabilità politica e sociale. Il governo di centrodestra che verrà, rivoluzionario come mai dal dopoguerra a oggi con un premier donna e leader di un partito post fascista, dovrà tirare diritto anche se il terreno sarà minato.
Giorgia Meloni premier convince la maggioranza assoluta degli italiani. Secondo i risultati del sondaggio post voto di Lab21.01 per Affaritaliani.it il 51% degli intervistati ha molta/abbastanza fiducia nella presidente del consiglio in pectore.
Il sondaggio gela Pd e sinistra, già storditi dal risultato delle urne. Un altro duro colpo alle tante voci funeste (media mainstream in primis) che avevano ventilato scenari catastrofici in caso di successo del centrodestra. Comunque, in questo quadro nazionale e internazionale a dir poco difficile, nessun aiuto al Paese (tanto meno al nuovo governo di centrodestra) verrà dal Partito democratico, tutto preso dalle sue beghe interne, messo all’angolo dopo la bottadel 25 settembre e che soffierà sul fuoco di ogni protesta. Un Pd in totale smarrimento, che ha vinto le elezioni politiche l’ultima volta con Romano Prodi nel 2006: sono passati sedici anni stando comunque dieci anni al governo! Gli elettori hanno capito bene che per il Pd stare al governo, cioè al “potere”, fosse diventato il fine ultimo. Un partito senza linea ideale e politica, bloccato da dinamiche interne e rendite di posizione sedimentate negli anni.
Aveva ragione Norberto Bobbio quando nei primi anni ’90 ammoniva la sinistra: “Discutono del loro destino senza capire che dipende dalla loro natura. Decidano la loro natura e avranno chiaro anche il loro destino”. Sarà così? Il rischio è che nel labirinto del Congresso annunciato si consumi una nuova resa dei conti interna o, peggio, ci sia solo un appiattimento sulle ragioni della sopravvivenza. Sull’altro campo, l’onore e l’onere maggiore ce l’ha Fdl, ce l’ha Giorgia Meloni. Il nuovo esecutivo non potrà che contare sulle proprie forze, senza tentennamenti e senza perdere tempo perché la situazione interna e internazionale richiede urgenza e decisività nelle scelte. C’è, innanzi tutto, da contrastare le ondate derivate dalla guerra in Ucraina, a cominciare dell’emergenza energetica, con rincari di gas e luce capaci di mettere in ginocchio il sistema produttivo e le famiglie. Non è solo colpa di Putin. Il pallino in mano ce l’hanno gli occupanti perenni del salotto alto della speculazione internazionale, i grandi azionisti delle multinazionali energetiche. Sarà difficile, meglio dire impossibile, da parte del nuovo governo Meloni, ottenere sconti sulle fatture di gas e luce da chi ha in mano tutto l’ambaradan dei prezzi a livello internazionale, veri e propri soprusi speculativi.
Allora? Oltre che tamponare pro tempore alla meno peggio, altra via non c’è se non quella di far riprendere all’Italia la via tracciata nel dopoguerra da Enrico Mattei, quella che sia lo Stato titolare delle risorse energetiche, della ricerca, dello stoccaggio, della trattativa con i paesi produttori di materie prime. Il resto è solo tappabuchi. Non si può ciurlare nel manico. Nuovo premier e nuovo governo dovranno fare miracoli per non fare sprofondare imprese e famiglie ma dicendo chiaro e tondo a tutti che i duri sacrifici imposti dalla situazione nazionale e internazionale non sono dilazionabili, servono per evitare il tracollo dell’Italia. La parola che andrebbe usata e che non si userà per questioni interne di tenuta della maggioranza e per la prevedibile aggressione delle opposizioni è una sola: stangata. Qui siamo. E qui e adesso, su come distribuire i sacrifici richiesti a tutti e su quali misure straordinarie necessarie per la ripresa, si misurerà la capacità e la tenuta del nuovo governo. Governo che non potrà procedere a zig-zag nel desiderio di non scontentare nessuno e di non alienarsi in Parlamento la pur forte maggioranza sulla quale l’esecutivo si reggerà. Stavolta, se davvero non si vuol far sprofondare l’Italia, tutti dovranno pagare il conto, equamente ma senza defezioni, e tutti dovranno essere messi ai remi. Si vedrà presto se il forte consenso elettorale ottenuto dal centrodestra, in particolare da FdI, è frutto dell’adesione a una linea politica alternativa alla sinistra per rifare un’Italia diversa o è solo un voto di protesta incapace di reggere alle dure prove dell’emergenza. La destra voleva vincere e ha vinto. Adesso avrà l’onore e l’onere di governare e sarà giudicata per questo. Non è più tempo di “quaquaraquà”.