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Elezioni amministrative, dopo la vittoria a Genova il Csx è già diviso: crepe nel campo largo e Schlein sotto assedio. Analisi
Sono passate poche ore dalla vittoria al primo turno del centrosinistra alle amministrative a Genova e Ravenna e il campo è già in crisi

Elezioni a Genova, il campo largo è già in crisi? L'analisi
Sono passate poche ore dalla vittoria al primo turno del centrosinistra alle amministrative a Genova e Ravenna, è già il cosiddetto campo largo, comincia a mostrare le prime crepe. Davanti ai trionfalismi della Schlein, tutti hanno sottolineato invece le prudenti esternazioni di Giuseppe Conte, e il silenzio assordante di molti esponenti di peso del Pd. Il problema, come dicono fonti autorevoli del campo riformista del Pd, è che la segretaria ha ormai creato una frattura all’interno del partito e non ha l’autorevolezza per guidare la coalizione, di fronte a chi, come Conte, ha poco più della metà dei voti.
“La segretaria non capisce che creare divisioni nel partito, con il suo atteggiamento troppo rivolto a sinistra- diceva un senatore Pd, ieri, seduto su un divano in Transatlantico- le amministrative hanno chiaramente mostrato che il centrosinistra vince solo se guarda al centro e non se segue il massimalismo di Fratoianni, Bonelli e Conte.” Già Giuseppe Conte, il leader cinque stelle, che da tempo, e non è un segreto, considera la Schlein più come un’avversaria verso il suo sogno di tornare a Palazzo Chigi, che come un’alleata per mandare a casa il governo. Ecco spiegata la reazione assai composta di Conte dopo le vittorie alle amministrative (tutt’altra reazione aveva avuto dopo la vittoria di misura in Sardegna della grillina Alessandra Todde).
“E’ evidente che Conte e la Schlein usino le amministrative come una sorta di resa dei conti per misurare le loro rispettive leadership. Non capisco come su queste basi possa poggiarsi una alleanza alternativa al governo Meloni” ragiona un senatore del Pd. Perché non è certo un segreto, che il vero obiettivo dell’ex premier Conte sia quello di essere lui il leader della opposizione.
E spesso la segretaria del Pd pare assecondare questa ambizione, forse per una insicurezza malcelata, da cui pare essere stata fagocitata in questi ultimi mesi E questo deriva anche dalla mancanza di fiducia che sente salire sia nel partito che al di fuori di esso, e dalle difficoltà crescenti che sta incontrando nell’unire le forze di centro sinistra. D’altra parte, le differenze tra Matteo Renzi e Carlo Calenda e la sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli sono evidenti, così come quelle con i cinque stelle. Come appaiono altrettanto evidenti le differenze tra il Pd e i cinque stelle, e non solo sulla politica estera. Ecco perché il progetto a livello nazionale appare davvero complicato, come ha detto a “Formiche” ieri, Damiano Palano, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali della Cattolica “il campo largo, a livello nazionale, è ancora lontanissimo dall’essere una realtà competitiva. E Meloni non ha competitor per Palazzo Chigi, nonostante le divisioni del centrodestra”.
La differenza principale tra i due schieramenti è che uno, il centrodestra, magari le naturali differenze tra i diversi partiti, alla fine riesce a trovare una sintesi, mentre il centrosinistra rimane fermo sulle sue posizioni e fatica a trovare quella mediazione necessaria persino quando vince, spesso di una incollatura ( Romano Prodi, con l’Ulivo, nel 2006 vince per poco più di 24.000 voti) e va al governo. E poi, come qualcuno ragiona al Nazareno da tempo, la segretaria non sembra convincere quasi nessuno come possibile candidata leader. troppo debole il suo carisma, troppo divisiva e troppo poco convincente, anche nei pochi temi, come quello del salario minimo o della sanità, su cui sembra avere incentrato quasi tutta la sua azione politica. Anche il suo facile ed eccessivo entusiasmo di fronte a due vittorie in quelle che sono da sempre due roccaforti del centro sinistra (a Genova nel 2017 , Marco Bucci è riuscito a spezzare l'egemonia della sinistra che durava dal 1990), è sembrato paradossalmente un segnale di debolezza invece che di forza. “La segretaria sa bene che dentro al partito ormai quasi tutti i big ormai non si fidano più di lei- argomento un deputato del Pd- e stanno tracheggiando in attesa di Godot, che sarà certamente un moderato che riporterà il partito nel suo alveo naturale”.
Persino Dario Franceschini, che è stato uno dei grandi sostenitori della segretaria nella sua corsa alle primarie, sembra averla mollata al suo destino. Ed è chiaro che in un simile contesto non può che trarne vantaggio Giuseppe Conte, che dietro l'abile regia di Marco Travaglio, cerca di boicottare dall’interno la regia della Schlein per arrivare ad allargare la coalizione del centrosinistra. Conte persegue una sua linea politica chiara, come quella sul riarmo e su Gaza, che la Schlein deve rincorrere, dando anche in questo caso l’idea di una certa naturale sudditanza verso il suo “alleato”.
Anche sui referendum la segretaria del Pd appare in secondo piano rispetto a chi è vero promotore e cioè il leader della Cgil, Maurizio Landini, che con la segretaria non ha mai dimostrato di avere un grande feeling. Insomma, i problemi della unità nel centro sinistra non sono solo determinati dalle profonde differenze che esistono tra le varie componenti, ma anche dalla mancanza di una autorevole e credibile leadership. Ed è anche per questo che a Palazzo Chigi, pur non sottovalutando le sconfitte nelle grandi città ( mentre in provincia il centrodestra ha vinto, al primo turno in centri importanti, come Subiaco, Sulmona, Ortona o Rozzano), si tende comunque a minimizzarne la portata.
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