Politica
Errori e verità sull'M5S

Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, la prima cosa da dire, senza la minima esitazione e senza addolcire in alcun modo l’affermazione, è che mi sono sbagliato. Non credevo che la lista di Beppe Grillo avrebbe avuto l’enorme percentuale di voti che ha ottenuto alle ultime elezioni politiche. Non credevo che i “grillini” sarebbero rimasti estranei a qualunque coalizione. Credevo che, rimanendo in questa posizione, avrebbero perso consensi. Pensavo insomma che, accumulando errori e divenendo ininfluenti, avrebbero cominciato a sparire. Nulla di tutto ciò si è verificato.
Errare è umano e non costituisce una grande notizia. Mi batterei facilmente il petto se soltanto capissi il perché del fenomeno. Ecco perché non resisto alla tentazione di cercare di spiegarlo.
Il M5S si autodefinisce non partito ma movimento e la cosa non è casuale. Sin dall’inizio esso ha voluto offrire agli elettori un’alternativa all’astensione, contrapponendosi a tutti gli altri partiti. Ma se questa era l’intenzione, sarebbe segno che Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non si sono accorti che in giro ci sono la Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica, e forse altri “non-partiti” ancora. Questa moda di evitare una certa denominazione è piuttosto sciocca. Un partito non è qualcosa che dichiara sé stesso partito: è un’organizzazione che si presenta alle elezioni e ottiene seggi in Parlamento. Non basta che non presenti bilanci, non richieda rimborsi elettorali e cose del genere: uno status non si perde soltanto perché non se ne esercitano tutti i diritti.
Come si è visto, nel caso del M5S l’intenzione dei fondatori di contrapporsi a tutti i partiti era sincera, ma proprio da questo programma di fare in Parlamento un’opposizione pressoché indiscriminata (perché il Movimento è più contro il sistema che contro le singole leggi votate) nasce il rischio dell’irrilevanza. Lo scopo istituzionale di tutti i partiti è quello di determinare la politica del Paese, e chi non ci riesce è come se avesse soltanto ciò che si chiama in gergo “diritto di tribuna”.
Il Movimento non ignora questa critica ma risponde col progetto di ottenere da solo, in future elezioni, la maggioranza assoluta. È un progetto realistico? Con la nuova legge elettorale per fare ciò dovrebbe superare il 40% dei voti, e la cosa è francamente inverosimile. E ancor più difficile sembra che il partito possa vincere l’eventuale ballottaggio. Essendo i “grillini” spesso considerati degli sconsiderati goliardici, e proprio per questo pericolosi, in caso di ballottaggio molti elettori voterebbero per l’altro partito, pur di impedire loro di vincere.
Ritorno alla casella di partenza.
Se tuttavia in questo scorcio di legislatura il Movimento si alleasse con uno dei grandi partiti esistenti, oppure entrasse in una coalizione, e comunque abbandonasse il velleitario progetto di governare da solo, i dati del problema potrebbero cambiare. E se con questa nuova linea di comportamento riuscisse ad ottenere risultati positivi, avremmo un nuovo e serio partito in cui il folklore non conterebbe più nulla. E sarebbe una fortuna per il Paese.
Tuttavia questa eventuale virata, date le premesse fondamentali del Movimento, costituisce un rischio. Grillo sa bene che gli elettori potrebbero non vedere più il M5S come il movimento che “deve buttare giù tutto”, l’associazione dei cittadini onesti per i quali tutti i partiti sono corrotti, inefficienti e tanto lontani dal popolo da meritare il disprezzo. E dunque potrebbero abbandonarlo. II più grande partito italiano - non bisogna dimenticarlo - è quello dei disgustati, cioè degli astensionisti. Alle ultime elezioni politiche molti di costoro, credendosi originali, hanno votato per Grillo, come per fare un gestaccio all’intero Paese. Se dunque anche il M5S entrasse in politica, loro potrebbero inglobarlo nel mazzo delle formazioni da disprezzare e tornare al loro “partito madre”, cioè all’astensione.
Se tutto quanto s’è detto fosse vero, non avrei tanto sbagliato le previsioni quanto il momento del loro avverarsi. I ragionamenti erano fondati sulla normale realtà e il M5S questa realtà ha voluto negarla. Cosa che può riuscire soltanto temporaneamente.
Il Movimento ancora oggi ha un programma fumoso e mitologico. È un miscuglio di populismo, sogni, promesse, demagogia, e una pressoché totale assenza di politica e d’economia. Ecco perché un suo ingresso nella concretezza potrebbe essere utile a diradare la nebbia. Se il M5S rimane quello che è, la sua inconsistenza diverrà evidente e il suo declino inevitabile. Se invece dimostrerà buon senso e adotterà una linea valida – dal momento che dire soltanto “no” non è una politica – avremo un nuovo partito che potrebbe essere utile al Paese. Ma, pur mantenendone il nome, non sarebbe il Movimento Cinque Stelle.
Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it