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Politica
Export armi, "zampone" di Crosetto? Incursione di FdI pro settore bellico
Giorgia Meloni Guido Crosetto

Export armi, arriva l'emendamento che favorisce le aziende d'armi

Fratelli d’Italia vuole introdurre una norma che potrebbe permettere alle aziende del settore della Difesa di vendere armi all’estero senza il controllo e l’autorizzazione del ministero degli Esteri, a patto che siano in tutto o in parte finanziati dall’Unione europea. La proposta, firmata dal senatore meloniano Roberto Menia, è stata presentata sotto forma di emendamento in Commissione Esteri e Difesa del Senato al disegno di legge del governo che modifica la legge 185 del 1990 che impone limiti e paletti all'export di armi ai Paesi esteri. 

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Il disegno di legge, approvato in Consiglio dei ministri lo scorso 3 agosto, consente di trasferire la facoltà di decidere quali armi potranno essere esportate dal ministero degli Esteri a Palazzo Chigi, dove il Comitato interministeriale per gli scambi di materiale di armamento (Cisd) presieduto dalla premier Meloni sceglierà quali Paesi "riammettere" sdoganando il commercio di armi. Di conseguenza - riporta Il Fatto quotidiano - l'Uama, che è l'organismo che si occupa dei controlli, viene "declassato"  a ufficio tecnico.

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Ma non è tutto. L'altra modifica fondamentale che verrebbe introdotta riguarda la semplificazione delle procedure per autorizzare la vendita delle armi, che dunque non saranno più comunicate alla Difesa

In questo quadro, Fdi interviene proponendo una nuova clausola che permetta di agevolare l'export di armi derogando dai controlli insieme all'invio di armi temporaneo per conto dello Stato, tra Stato e Stato e tra Paesi della Nato.

Attualmente, invece, la normativa prevede che per chiudere contratti con i Paesi esteri chiedano l'autorizzazione al ministero degli Esteri - in prima battuta - per poi comunicare al governo la chiusura del contratto per poi ottenere il sì all'export. Solo dopo i controlli del caso (sulla conformità alla legge 185) viene concesso il via libera, a patto che il Paese a cui vengono vendute le milizie non sia in guerra né compia violazioni dei diritti umani. 

 

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