Politica
Meloni ignora (e così cancella) le proposte di Lega e FI su Fisco e lavoro. Il segnale da FdI: "Solo propaganda, non si farà nulla"
Giorgetti cauto. Poi ci sono i soldi per le armi promessi a Trump

Giorgia Meloni
Meloni lascia fare ma (e Giorgetti lo sa) si potrà fare poco o niente. Inside
"Non si farà mai. E' la solita propaganda della Lega per poi farsi dire di no da Meloni e fare la vittima e cercare consenso". E' lapidario, secco e chiarissimo il commento di un big di Fratelli d'Italia, molto vicino alla presidente del Consiglio, commentando a microfono rigorosamente spento il rilancio della proposta della Lega di una rottamazione ampia delle cartelle, che sarebbe la quinquies, a 120 rate mensile tutte uguali (ovvero per dieci anni).
Un modo, visto che in Italia ci sono circa 60 milioni di cartelle, per riconquistare da parte del Carroccio, molti elettori di lavoratori autonomi e partite IVA che negli ultimi anni si sono spostati verso Fratelli d'Italia, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Forza Italia non è contraria alla rottamazione, ma come ha spiegato Alessandro Cattaneo (responsabile Dipartimenti degli azzurri) sabato su Affaritaliani.it è prioritario il taglio delle tasse per la classe media ovvero la riduzione dell'aliquota dal 35 al 33% per i redditi fino a 60mila euro lordi l'anno.
Ma è un proliferare di proposte di legge sul Fisco, sui salari e sul lavoro da parte soprattutto della Lega ma anche di Forza Italia. Dalla flat tax per i giovani al 5%, estesa anche a chi rientra in Italia a lavorare, alla sorta di nuova scala mobile (anche se il Carroccio non la vuole chiamare così) che legherebbe in qualche in modo l'aumento dei salari all'incremento dell'inflazione. Poi defiscalizzazione dei contributi e altro ancora. Peccato che per tutte queste proposte ci sia un grande, grandissimo problema, le coperture.
E - spiegano da Fratelli d'Italia - il convitato di pietra che quasi mai si esprime o che quando parla resta molto generico è naturalmente il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che è proprio un esponente e anche di primissimo piano della Lega. Il titolare del Mef qualche giorno fa al question time a Montecitorio ha parlato di "orizzonte pluriennale" per la riduzione della pressione fiscale per il ceto medio, cosa che invece Forza Italia vorrebbe già da gennaio 2026.
Ora il ragionamento che fanno a Palazzo Chigi e nel partito della premier è semplice: se il responsabile di Via XX Settembre è così cauto e prudente sulla priorità delle priorità, ovvero il taglio dell'aliquota al 33% fino a 60mila euro parlando di anni, figuriamoci che cosa può pensare delle altre proposte. Una sola parola dicono i meloniani: irrealizzabili. Punto, discorso chiuso. E gli stessi meloniani fanno notare come i leghisti, alla domanda su Giorgetti, le risorse e le coperture, rispondano sempre "il Mef sta lavorando". Ma nessuna conferma arriva da Giorgetti.
Anzi, cautela e prudenza dal Mef, in pieno accordo con Palazzo Chigi perché la premier sa perfettamente che, soprattutto dopo il taglio delle stime sulla crescita del Pil (nella speranza di un'intesa Usa-Ue sui dazi, non scontata) e con i vincoli stretti di bilancio imposti per i prossimi tre anni da Bruxelles, c'è poco da spendere. Ben poco. E, forse, le risicate risorse, come spiegano fonti FdI vicine al vice-ministro dell'Economia Maurizio Leo e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, verranno messe (ma nulla è ancora certo) per una parziale riduzione delle tasse per il ceto medio nella manovra, fino a 50mila euro lordi l'anno.
Il resto? Propaganda per farsi dire di no e cercare consenso. Anche perché ci sono da mettere non pochi soldi, miliardi di euro, nel piano di difesa e di riarmo (per arrivare almeno al 2% del Pil) come Meloni (sempre ben consigliata dalla sorella Arianna) ha promesso al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. E quindi, come spiegano dalle parti di Palazzo Chigi, "lasciamoli fare tanto non vanno da nessuna parte".
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