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Politica
Governo, Mattarella sdogana i 5Stelle. La mossa per "derenzizzare" il Pd
Foto LaPresse

Uno spettro si aggira per l’Europa: così iniziava il Manifesto di Carlo Marx e Federico Engels, ma non si tratta del comunismo, bensì del Partito democratico che, sconfitto alle elezioni, per la legge anch’essa filosofica dell’eterno ritorno (cit. Federico Nietzsche) si trova periodicamente nel mirino di chi lo vuole utilizzare per i suoi fini.

Come è noto, dalla confusissima situazione emersa dopo il 4 marzo, mancano i numeri per fare una maggioranza in Parlamento e quindi decidere un nuovo governo. Lega e Cinque Stelle non riescono a trovare accordi a causa dei veti incrociati e, periodicamente, Luigi Di Maio spaventa un Matteo Salvini con l’ipotesi di un governo tra grillini e Partito Democratico, da ultimo al completo, e quindi anche con Matteo Renzi.

Dal lato Pd invece, c’è ufficialmente il gran rifiuto del segretario Maurizio Martina che vuole tenere il suo partito ufficialmente fuori dai giochi, ma in maniera ambigua ammicca ai Cinque Stelle e del resto la propensione degli eletti renziani in primis a restare dove sono approdati e cioè in Parlamento e poi magari ad avere uno strapuntino governativo, aumenta.

Renzi resiste sulla linea del Piave: “Siamo all’opposizione” dice, ma resosi conto dei movimenti interni è più cauto nei suoi no.

Quello che emerge di novità è che, a sentire autorevoli fonti interne allo stesso Partito democratico, il regista di tale sdoganamento del M5S sarebbe sempre lui: Re Giorgio Napolitano, Presidente Emerito della Repubblica che dopo aver bastonato Renzi nel discorso di aperura del Senato (che guidava pro tempore) ora vuole assestargli il colpo finale con due risultati: far tornare al governo il suo partito e fare definitivamente fuori Renzi stesso e per fare questo “manovra” Martina.

Il fatto è che a guardare i numeri alla Camera una coalizione M5S - Pd avrebbe 222 voti (17 in più della soglia fissata a 316) mentre al Senato avrebbe 161 voti che è giusto la soglia minima per avere la fiducia.

Insomma, si tratterebbe di un governo a maggioranza risicatissima che al Senato poi dovrebbe chiedere sempre l’aiuto a qualche singolo, ma come dimostra il passato potrebbe andare avanti per qualche tempo.

Tuttavia, tale possibilità pare più un’arma in mano a Di Maio nella trattativa con Salvini che una reale possibilità, a cui il leader padano dovrebbe rispondere con una eguale aperura a Pd (che già è in buoni rapporto con Berlusconi), per neutralizzare la mossa.

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giorgio napolitano





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