Politica
Grillo: non ho idee politiche. Ecco perché non votare i grillini

GRILLO SI DIMETTE DA GRILLINO
Di Gianni Pardo
Beppe Grillo è il primo “grillino” per il quale potrei votare, se per votare qualcuno bastasse giudicarlo sano di mente. Purtroppo, piaccia o no, per fare politica è anche obbligatorio avere idee in materia. E Dio sa quanto è difficile averne di valide.
Sapete chi è d’accordo con questa tesi? Grillo. Infatti, essendo dotato di un buon equilibrio mentale, si ritira dalla politica. Dal palco del teatro di Milano quasi non si capacita di averci provato. “Come ci sono riuscito a creare un movimento che forse è diventato il primo movimento italiano?” si chiede. “Io scherzavo". Sono stati gli altri a mancare del senso dell’umorismo.
Per quanto riguarda le idee politiche – da quella persona sana di mente che è – confessa di non averne. Ecco perché – essendomene accorto anche prima – non ho mai potuto votare per lui. Né posso farlo oggi, per ammirazione per il suo buon senso, nel momento stesso in cui lui stesso cessa di militare nel movimento. Non ho molte speranze di divenire un “grillino”.
Questo discorso sembra avvitarsi su se stesso e tuttavia – come diceva Polonio di Amleto – c’è un metodo nella mia follia. Nel suo spettacolo Grillo ha detto: “Non voglio prendere gli psicofarmaci. E neanche andare in analisi da un estraneo. Allora ho preferito raccontare tutto a voi, far venire degli estranei qui da me". Lui scherzando ci autorizza a sederci sulla poltrona dell’analista e noi scherzando accettiamo di farlo.
Grillo è un comico. Anzi, dal momento che – crediamo – si scrive i testi da sé, è più di un comico: è un umorista. Ma come sarebbe stupido rimproverare ad un grande calciatore la sua ignoranza in materia di letteratura, non si può richiedere all’umorista di essere costruttivo. Quello non è il suo mestiere. L’umorismo è capace di mostrare il lato ridicolo, assurdo, contraddittorio o semplicemente stupido della realtà, e lo fa in modo ilare, senza prendere sul serio nemmeno le proprie tesi. Non gli si può chiedere di concludere insegnando che cosa è giusto e che cosa bisogna fare. Quando Woody Allen dice: “Non soltanto Dio non esiste, ma provate a trovare un idraulico di domenica” non si occupa certo di teologia. Quando Mark Twain scrive: “Eva non mangiò il pomo per amore del pomo, lo mangiò perché era proibito. L’errore fu di non proibire il serpente, ché in tal caso avrebbe mangiato il serpente”, non si occupa di studi biblici.
La funzione dell’umorismo è distruttiva, non costruttiva. È vero che a volte, prendendo coscienza dell’errore, si può per converso arrivare alla verità, ma trovare questa verità è soltanto compito del lettore o dello spettatore. Ché anzi, se dovesse preoccuparsi di essa, il comico non potrebbe più cercare spensieratamente la risata, chiunque e qualunque cosa colpisca. Ecco perché Grillo, da quell’uomo saggio che è, dice nel suo spettacolo: “Sto perdendo la mia libertà”. “Voglio tornare ad analizzare la realtà come facevo prima, non distinguo”. “Il comico ha il compito di non creare certezze, mentre il politico invece di essere perfetto”. O almeno, se non ha il dovere di essere perfetto, ha quello di essere costruttivo.
Quando Grillo definisce uno scherzo la nascita del suo Movimento, non esagera molto. L’idea centrale è stata il recupero dell’onestà. “Abbiamo messo nelle istituzioni persone con la fedina penale pulita, sembrava impossibile”. E così il comico dimostra di non aver capito nemmeno l’abc della politica. Per cominciare, non sempre l’onestà è la migliore raccomandazione: alcuni dei più grandi uomini di Stato sono stati emeriti figli di buona donna. E poi l’onestà è apprezzata da tutti, invocata da tutti, promessa da tutti, e non può costituire un programma di governo: non più di quanto l’essere ottimi chirurghi o eccellenti cantanti lirici. L’onestà non è né una professione né una competenza. È, al massimo, un presupposto per certe funzioni, ma non basta certo per esercitarle convenientemente.
E quale altro programma ha avuto il Movimento 5 Stelle? Gli adepti a questo punto snocciolano alcuni provvedimenti – magari assurdi, come quello del reddito di cittadinanza – ma sono robetta, spesso soltanto retorica mal digerita. Si veda per contrasto quanto corposo fosse il marxismo. Era sbagliato, ma chiaramente identificabile. Il Movimento invece è prevalentemente folclore.
Alla fine del suo spettacolo Grillo – anche per non deludere troppo quelli che l’hanno seguito – ha concluso dicendo che “noi dobbiamo cambiarlo questo paese e ognuno di voi deve fare la propria parte". Ma cambiare è un verbo vuoto. Acquista un senso soltanto se si dice che cosa si cambia e mettendo che cosa al suo posto. È questo che costituisce un programma.
Ma quando mai s’è detto che un umorista debba stilare il programma di un partito politico?
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