Il Presidente Mao/Silvio e la fine di Forza Italia - Affaritaliani.it

Politica

Il Presidente Mao/Silvio e la fine di Forza Italia

di Maurizio De Caro

Nel gioco di atomizzazione Salvini-Meloni…

Il Presidente Mao/Silvio e la fine di Forza Italia

Il gerontosauro Silvius, continua a dare poche notizie di se, ma il silenzio doloroso dell’anziano leader ha decuplicato l’energia eruttiva del suo Partito, che dopo il tutti contro tutti, ma sempre ancorati ai cancelli di Arcore ora temono di non avere più tempo per la loro sopravvivenza politica.

In ordine sparso hanno formato una specie di piccolo parlamentino con pseudo partitini, schieramenti, litigi, mancanza definitiva di qualsiasi carisma di qualche vice, del vice e il Presidente che spera ancora di salvare il salvabile.

Lo scenario è chiaro perché il “Partito-Uomo” è un ricordo lontano ma quello che rimane continua ad essere l’unica chance per resistere ancora qualche mese, se non addirittura qualche giorno. Quel che resta dell’antico gruppone sbanda, si incarta, non ha più spazi di manovra e vive, nonostante tutto una marginalità ormai sostanzialmente definitiva, oppure dimenticare Arcore, e quindi uccidere il padre per andare avanti, almeno finchè dura.

Non c’è un colonnello, un coordinatore, un ex capataz che non abbia fondato qualcosa, e alcuni come Giovanni Toti sembra facciano sul serio, ma ormai è franato l’ultimo castello di sabbia che gli antichi illusionisti continuavano a proiettare a reti unificate, dalla Carfagna a Brunetta, da Gasparri a Tajani, giocano a nascondino senza sapere cosa fare e soprattutto dove andare.

In questo gioco di atomizzazione politica Salvini e la Meloni gongolano ormai padroni del vapore, e per altro mal sopportano le pretese di questi vecchi nobili decaduti, sono di fatto la nuova borghesia che prende il potere rispetto ad  un’aristocrazia che vive di sogni e di ricordi.

Anche smentite, distinguo, dalla Gelmini agli irriducibili del cerchio magico, sanciscono la fine di un ciclo politico durato forse troppo rispetto alle caratteristiche e alle capacità che era in grado di schierare.

Ma il Presidente Mao/Silvio resterà anche da vivo l’icona cui tutto deve essere ricondotto, e Tajani e soci saranno sempre povere “ballerine di fila” che mai intaccheranno il carisma, la forza e l’identificazione del Super-Leader, con una creatura costosa e vecchia che appartiene ad un’altra era geo-politica.

Sindaci come Brugnaro parlano di una “neo-forza qualcosa”, moderna, duttile, magari simile ai cinquestelle, ma l’orchestra farà fatica a trovare in Toti, nella Carfagna et similia, una parvenza credibile di direttore, sia per l’esiguità dei numeri che per la stanchezza evidente della proposta socio-politica.

Dunque l’onore delle armi al vecchio condottiero anche se vagamente riusciamo a immaginare la sua amarezza per la fine indecorosa del suo gigantesco carrozzone mediatico e per l’incapacità ormai consolidata di non poter dare spazio ad improbabili epigoni, e per non aver formato uno straccio di classe dirigente, troppo oscurata dal suo inarrivabile narcisismo.

La generosità tardiva non servirà a spappolare l’ultimo corpo residuale di fedelissimi, ormai simili a segretarie devote e acritiche, Lui è stato, è, e sarà la rappresentazione antropologica di Forza Italia, i suoi collaboratori-deputati sono sempre stati un dettaglio che, scomparso (politicamente Lui)non rappresentano la sommatoria dei numeri in campo.

Finisce con un’implosione scomposta e con una veemenza vendicatrice che sancisce l’inizio del post-berlusconismo che mancherà a molti ma renderà felici altrettanto denigratori scientifici e organizzati, ma è presto per dire come si usava nel primo dopoguerra: ”Aridatece er Puzzone”, perché Silvio non è Benito, ma anche gli avversari di oggi sono troppo deboli per essere confrontati con quelli del passato.