Politica
Intelligenza artificiale, l’Italia è ferma: nel Nord Europa la usa un’impresa su quattro, nel Bel Paese appena una su dieci
La media UE è 13,5%. Nei Paesi nordici oltre il 25%. Formazione e competenze restano l’anello debole

L’Europa corre sull’intelligenza artificiale, l’Italia resta indietro. Pesano le competenze e la formazione scolastica
In Italia solo l’8,2% delle imprese con almeno dieci addetti utilizza tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. La media europea è del 13,5%, mentre in Danimarca, Svezia e Belgio la quota supera il 25%. È quanto emerge dal rapporto iCom sulle competenze e infrastrutture digitali che accompagnano la transizione tecnologica del Paese.
Il ritardo non riguarda soltanto l’adozione di soluzioni come machine learning, AI generativa e NLP, ma anche il contesto in cui l’innovazione dovrebbe svilupparsi. In Italia la diffusione dell’IA è concentrata soprattutto tra le imprese medio-grandi e in settori come informatica, telecomunicazioni e audiovisivo. Nel mondo produttivo più ampio, invece, l’innovazione fatica a trovare terreno.
Il problema delle competenze
A pesare è soprattutto la formazione. Solo il 17,9% delle imprese italiane offre corsi ICT ai propri dipendenti, contro il 22,3% della media UE. Anche nel settore ICT, dove la percentuale sale al 56%, l’Italia rimane sotto il livello europeo (66,5%). Risultato: progetti frammentati, difficili da scalare e con ritorni limitati.
L'Università cresce ma resta polarizzata
Il rapporto segnala 1.143 corsi universitari dedicati all’IA tra lauree, master e dottorati. Il Lazio risulta la regione più attrezzata (85 programmi), mentre Molise, Basilicata e Valle d’Aosta non ne offrono nemmeno uno. È un’offerta in espansione, ma spesso concentrata in poche aree e in percorsi post-laurea.
La richiesta delle famiglie: “Educazione digitale dalla primaria”
Sul fronte scolastico emerge una domanda crescente da parte delle famiglie: introdurre educazione digitale e alfabetizzazione all’intelligenza artificiale fin dalla scuola primaria. L’idea non è solo insegnare a usare gli strumenti, ma a comprendere come funzionano e quali rischi comportano: dai bias algoritmici alla gestione dei dati.
Per colmare il divario, l’Italia dovrà intervenire su formazione, infrastrutture e cultura d’impresa. L’intelligenza artificiale non è più un’opzione tecnologica: è un fattore competitivo che definisce chi avanza e chi resta indietro.
